Ci sarà un maggiore equilibrio tra tutela dell’ambiente e della fauna selvatica con l’esercizio dell’attività venatoria oppure i cacciatori si preparano ad una rivincita nei confronti degli ambientalisti?
Il disegno di legge, approvato dalla Giunta regionale per modificare la normativa in vigore, la legge 14 del 1994, se otterrà il via libera dal Consiglio regionale, modificherà profondamente la prossima stagione venatoria.
Sarà possibile cacciare nel 60 per cento (come minimo) delle superfici agrosilvopastorali dell’Umbria.
L’assessore regionale alla Caccia, Gianpiero Bocci, ha spiegato in una conferenza stampa che con questo provvedimento, unito a quello approvato dalla Giunta due settimane fa – l’applicazione delle deroghe alla direttiva Cee per la conservazione degli uccelli selvatici ‘ ‘abbiamo ridisegnato l’intera intelaiatura normativa sulla caccia in Umbria: ridiamo al movimento venatorio qualcosa che nel tempo gli era stato sottratto’.
In sostanza l’esecutivo umbro ha applicato una sentenza della Corte Costituzionale del 1997 che concede alle Province di considerare nella quota di territorio destinata a protezione della fauna anche le fasce di rispetto da case, strade, ferrovie, dove è comunque vietata la caccia.
Potranno rientrare in queste zone cacciabili anche ‘le oasi di protezione divenute inutili ‘ ha osservato Bocci ‘ e i terreni demaniali’. Insomma si preannuncia una rivoluzione incisiva e destinata ad aprire polemiche, considerato che il terreno protetto è fissato alla percentuale massima del 25 per cento.
Il caso ha voluto che mentre Bocci annunciava la ghiotta novità, si registrava la notizia del confronto – promosso dalla commissione assetto del territorio del Consiglio regionale, presieduta da Edoardo Gobbini – tra ambientalisti, agricoltori e cacciatori sui parchi, a distanza di sei anni dalla loro istituzione. E i vari rappresentanti hanno ribadito le loro posizioni confermando la distanza dalle loro, praticamente inconciliabili. In sintesi, per gli ambientalisti i parchi sono troppo piccoli e non consentono politiche protezionistiche integrate, per gli agricoltori non ci sono risorse per puntare ad azioni di sviluppo.
Secondo i cacciatori i divieti fanno solo crescere l’aggressività di lupi, cinghiali e predatori danneggiando profondamente l’equilibrio dell’ambiente. Non basta, non c’è accordo nemmeno sulle regole. Gli ambientalisti ritengono che i parchi non possano essere gestiti da chi non è portatore di interessi naturalistici, come i rappresentanti degli enti locali e, quindi, dei partiti.
I cacciatori chiedono una loro presenza più diretta nella gestione dei parchi, mentre i coltivatori propongono un decentramento più deciso di poteri e risorse da Regione e comuni.Ma torniamo al disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale.
Accanto all’ampliamento del territorio cacciabile c’è un’altra questione presa in considerazione. Riguarda la possibilità per i cacciatori che hanno scelto la caccia da appostamento fisso in forma esclusiva, di svolgere 10 giornate di caccia vagante o da appostamento fisso nell’intera stagione venatoria.
‘In questo modo – ha detto l’assessore – si restituiscono opportunità di attività venatoria per una categoria di cacciatori fortemente penalizzata dai vincoli che le norme impongono e dai limiti effettivi caratteristici di questa particolare forma di caccia’.
Si potranno inoltre anche effettuare cinque giornate di caccia settimanali alla migratoria nei mesi di ottobre e novembre. E’ una norma già inserita nella proposta di legge sulle deroghe alla direttiva Cee attualmente all’esame dell’assemblea regionale.
In questo quadro c’è spazio anche per regolare l’attività della aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie. Con l’obiettivo di valorizzare quelli esistenti, evitando però la concentrazione in determinati comprensori.
‘In generale la presenza degli istituti di gestione privata della caccia – ha spiegato Bocci – deve essere compatibile con la pianificazione faunistico-venatoria. Il provvedimento ‘ ha aggiunto ‘ consente alle Province di stabilire la densità per comprensorio o anche per comune di queste aziende’.
Il limite massimo di ciascuna azienda faunistico-venatoria dovrà essere comunque inferiore ai 300 ettari. Con il disegno di legge si completerà il trasferimento delle funzioni amministrative alle Province per l’apertura della caccia di porzioni delle foreste demaniali, la regolamentazione delle zone di addestramento cani, l’autorizzazione dei centri di recupero di fauna selvatica, l’abilitazione venatoria, l’abilitazione e aggiornamento delle guardie volontarie venatorie e la determinazione annuale delle quote di ammissione che i cacciatori devono pagare per l’accesso agli Atc (Ambiti territoriali di caccia).
L’assessore ha inoltre annunciato che prossimamente verrà affrontata la legge sul risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica ed i regolamenti che disciplinano gli istituti privati (aziende faunistico-venatorie, agrituristico-venatorie e allevamenti di selvaggina).