La Consulta delle Fondazioni delle Casse di risparmio dell’Umbria ha stanziato 130 mila euro per il restauro di alcune opere d’arte danneggiate dal sisma del 2016 e custodite nel deposito di Santo Chiodo di Spoleto. Una risposta ad un’esigenza avanzata da Marica Mercalli, soprintendente all’Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria e che permetterà di avere a disposizione 12 restauratori, a giorni alterni, per mettere in sicurezza e restaurare, si spera, altre 350 opere ricoverate nel deposito spoletino.
Altre 9 opere sono state restaurate con un finanziamento di solidarietà dalla Fondazione CittàItaliae in collaborazione con Culturae Italiae e We the Italians e presentate il 25 febbraio proprio al Deposito di Spoleto. Piccole gocce di speranza, si dirà, ma intanto si va avanti.
Le opere protette dal sisma
“Attualmente – ha spiegato a La Voce Tiziana Biganti, storica dell’arte, funzionaria del Polo museale dell’Umbria del Ministero per i beni e le attività culturali e responsabile del Santo Chiodo – nel deposito, che in realtà è un Centro per la conservazione e valorizzazione del patrimonio, sono ricoverate circa 6500 opere d’arte provenienti dai luoghi colpiti dal sisma in Valnerina. Alcune sono già state messe in sicurezza, restaurate e in parte fatte anche oggetto di mostre, per dare visibilità ad un territorio colpito gravemente. E questo grazie anche alla collaborazione con l’Opificio delle Pietre dure di Firenze e l’Istituto centrale di restauro”.
Ma il lavoro, nonostante la fase di emergenza sia finita, non è terminato – precisa Biganti.
Gli interventi di conservazione
“In questa fase ‘ordinaria’ ci sono ancora opere ricoverate sulle quali è necessario intervenire, per bloccarne il degrado, altre da restaurare, altre ancora continuano ad arrivare dai cantieri di restauro a seguito della selezione delle macerie, senza contare quelle che giacciono sotto le macerie di edifici ancora inagibili”.
Al momento sono 350 le opere messe in sicurezza, ma non tutte quelle ricoverate a Santo Chiodo necessitano di interventi – precisa. “La speranza è che alcune di queste possano tornare prima possibile nel loro luogo d’origine: per esempio si sta pensando alla possibilità di utilizzare il Museo della Castellina di Norcia, i cui danni alla struttura non sono gravi, come luogo dove poter riportare alcune opere e magari poterle esporre al pubblico”.
Attualmente c’è un progetto dell’Istituto superiore del restauro per il recupero della chiesa di San Salvatore a Campi le cui pietre, che presentano parti scolpite o frammenti di affresco, sono attualmente ricoverate a Santo Chiodo. “L’Istituto centrale sta cercando di elaborare un progetto per la ricomposizione del corredo dipinto che esisteva al suo interno”.
La ripresa dopo il fermo
L’attività del Centro sta dunque riprendendo grazie al recente finanziamento della Consulta delle casse di risparmio, dopo una fase di fermo, consentendo così la valorizzazione di altre opere d’arte e il loro studio. La speranza è che il Centro diventi un polo del restauro dei beni culturali, per non disperdere le esperienze maturate fino ad oggi.
Il Deposito di Santo Chiodo venne realizzato nel 2008 a seguito del sisma del 1997, quando si reputò necessario avere a disposizione una struttura adeguata e antisismica in grado di fornire una prima accoglienza delle opere a seguito di eventi sismici. In occasione del terremoto del 2016 è stata veramente una fortuna avere a disposizione una struttura del genere, unica in Italia.
Al suo interno ci sono dei locali climatizzati, aree con delle rastrelliere per la conservazione dei dipinti, vari scaffali, alcune cassettiere per gli arredi sacri. C’è anche un archivio, dei laboratori per piccoli interventi, una camera per la disinfestazione anossica.
Manuela Acito