Tre fabbriche, tre destini dai quali dipende il presente e il futuro di migliaia di dipendenti, e quindi di famiglie della Conca ternana e oltre, in questo momento di crisi generalizzata e severa in atto da molto tempo e la cui soluzione positiva non sembra tanto vicina.
La Sangemini acque minerali, il cui fallimento sembrava imminente, ha forse trovato un salvatore, un acquirente costituito da un gruppo di aziende interessate alle acque minerali che ha come capogruppo la Norda e un forte appoggio finanziario da Unicredit. Il piano industriale per il rilancio è ora all’esame del Tribunale e si hanno fondatissime speranze per l’approvazione.
Un’azienda, invece, che si trova ora nel pieno della crisi è la Sgl Carbon di Narni Scalo. C’è il rischio che venga chiusa perché la multinazionale proprietaria – con sede in Germania – pare abbia questa intenzione. La fabbrica ha di molto ridotto la produzione, e la metà dei lavoratori è in cassa integrazione.
I sindacati stanno mettendo in atto tutte le azioni possibili per il mantenimento dell’azienda, con l’appoggio di tutte le istituzioni. C’è stato uno sciopero generale nel Comune di Narni, con in testa il Sindaco. Anche il Governo nazionale si è mosso in difesa del sito di Narni, dichiarando la necessità che rimanga in Italia in quanto necessario all’industria nazionale. Per intanto, anche per la Sgl Carbon si sta trovando un acquirente.
Una vicenda quasi incomprensibile sta accadendo per le Acciaierie di Terni. Due anni fa, l’Ast è stata venduta, compreso il Tubificio con i centri servizi e commerciali, dalla ThyssenKrupp alla Outukumpu finlandese. L’Antitrust europeo ha fatto obbligo a questa di vendere a sua volta l’Ast per ragioni antimonopolistiche, ed è cominciata la ricerca del compratore. Alla fine del secondo anno, il compratore era stato individuato nella cordata italo-francese Aperam-Arvedi-Marcegaglia, e si aspettava da un momento all’altro la firma del contratto con il nuovo acquirente.
Colpo di scena finale, la diffusione della notizia che l’Ast era stata rivenduta alla ThyssenKrupp. Le ragioni non sono state rivelate, ma sono intuibili e non rassicuranti: come può la Tk avere interesse a ricomprare l’Ast che era stata venduta perché non le interessava più la produzione di acciaio inossidabile? La cosa non è chiara, i sindacati sono inquieti e chiedono spiegazioni. Il Governo si muova. Ne va di mezzo un’intera città e territorio, anzi migliaia di esseri umani che dovrebbero essere sempre al centro di qualsiasi azione anche economico-finanziaria.