Sotto la spinta di sciagure naturali o progettate dall’uomo capita di avvertire l’esigenza di dare una sterzata alla propria vita e più incalzante si fa il desiderio di una collettività che muti le proprie regole e gli usuali orientamenti.
Collegando tale breve premessa alla festività di S. Francesco patrono d’Italia, viene da chiedersi se il rituale religioso e civile debba svolgersi secondo una tradizione che, pur con qualche nuovo innesto, si mostra incorruttibile.
Così dichiara padre Vincenzo Coli, custode del Sacro Convento: “Celebrare in questo scorcio di storia S. Francesco significa valorizzare il dialogo tra i componenti della famiglia umana e mettere le basi per una concreta solidarietà. Occorre vivere come lui la virtù teologale della speranza con atteggiamenti improntati, nonostante tutto, alla fiducia.
Lo schema delle annuali celebrazioni nella sua essenzialità è ancora valido: la cerimonia del transito nella basilica di S. Maria degli Angeli serve a riscoprire la morte come una sorella, mentre le funzioni del 4 ottobre nella basilica di S. Francesco esaltano il ricco che si fa povero e si mette a disposizione dei diseredati. Possono essere introdotte anche variazioni, a patto che la festa mantenga il suo carattere popolare. La presenza di rappresentanze religiose e civili ben si adatta alla funzione specifica di colui che a pieno titolo è stato designato quale patrono d’Italia.
Il tema della “memoria” del Santo sta a cuore a padre Enzo Fortunato attuale portavoce del Sacro Convento: “Siamo chiamati a custodire e a trasmettere con la nostra vita il messaggio francescano restituendo centralità al dono della pace incarnata, dono che gran parte dell’umanità desidera a prescindere dalle posizioni politiche e dagli atteggiamenti religiosi. Sarebbe auspicabile che le celebrazioni riacquistassero il ruolo di festività nazionale, come richiesto da alcuni laici di Assisi, volontà meritoria che le famiglie francescane devono sostenere, fermo restando che la decisione risolutiva spetta alle istituzioni nazionali”.
Sulla necessità di tenere vivo il patrimonio umano di S. Francesco insiste anche padre Pasquale Magro, direttore della biblioteca del Sacro Convento: “Francesco è un punto-luce che continua con il suo carisma a galvanizzare la società civile e religiosa. Di fronte al fenomeno della frammentazione che può determinare effetti drammatici, s’impone l’impegno di ricostruire la convivibilità tra popoli e religioni che trae alimento anche da una economia di comunione, ovvero da una mensa comune dove ognuno disponga della sua parte”.
Su tale discorso si innestano le parole di padre Egidio Monzani, direttore della rivista San Francesco Patrono d’Italia: “Due episodi mi sorprendono in questo lasso di tempo: Francesco che va alla corte del sultano e riesce a stabilire con lui un rapporto di stima; Francesco che ammansisce il lupo di Gubbio trattandolo come una creatura sofferente di fame: due episodi che svelano l’attualità del Santo, talvolta ridotto ad una statuina. La festa indetta in suo onore ogni anno potrebbe assumere una più spiccata impronta politica, non certo partitica, evidenziando più nettamente il valore del “Patronato”.
La regione che offre l’olio per la lampada votiva potrebbe confrontare le proprie problematiche ed esprimere le potenzialità di una eventuale presenza francescana. Anche padre Gianni Califano rettore della basilica di S. Maria degli Angeli, valuta che il contatto con altra regione dovrebbe oltrepassare la valenza simbolica per animarsi ben oltre la singola occasione: presupposto per creare una interconnessione tra le varie parti della nazione.
Sarebbe opportuno che gli italiani conoscessero in termini più approfonditi la figura di Francesco e il suo messaggio, certamente veicolati anche dalle annuali celebrazioni, il cui aspetto liturgico va sempre più crescendo; ma necessitano strumenti costanti tali da superare l’incidenza della singola festa; che poi questa riprenda il carattere di festività nazionale è fatto secondario.”