I I soliti ignoti sono entrati ancora una volta in azione, ed ancora una volta provocando danni significativi al patrimonio artistico della Chiesa eugubina, al centro di saccheggi che hanno il sapore dello stillicidio senza fine. L’ultimo “colpo” è stato compiuto in San Domenico, certamente in pieno giorno e molto probabilmente approfittando della così detta “pausa pranzo”, quando i controlli sono più allentati e gli edifici sacri in balia di quanti li frequentano non certamente per devozione. Con una sega dal nastro sottile, è stata tagliata ed asportata la testa di uno dei putti cinquecenteschi che completano una bella scultura lignea dell’altare maggiore. Da tempo la diocesi ha avviato una attenta azione di valorizzazione del proprio patrimonio culturale con un apposito ufficio affidato alla direzione di Paolo Salciarini, studioso attento e scrupoloso, oltre che cultore attento dei beni artistici. Paolo Salciarini, qual’è il suo stato d’animo dopo questa ulteriore notizia, l’ultima di una serie che si allunga purtroppo sempre più? “Noi tutti siamo assai preoccupati, perché da troppo tempo la così detta microcriminalità ha preso di mira i beni culturali di proprietà della Chiesa, provocando danni ingenti ad un patrimonio importante sotto il profilo artistico e storico, dato che documenta anche la nostra storia. Anche se appartiene alla Chiesa, rappresenta tuttavia un bene comune; è ormai tempo che tutti lo considerino come proprio”. Dinanzi ad una situazione così preoccupante, sono state adottate o si stanno adottando delle contromisure in grado di garantire una maggiore tutela? “Stiamo procedendo alla installazione di impianti di allarme, ad un ritmo di tre all’anno, grazie al finanziamento erogato dalla Cei sui fondi dell’otto per mille. Dallo scorso mese di ottobre è stato avviato, in maniera sistematica, l’inventario dei beni culturali di proprietà della Chiesa diocesana. È un processo utilissimo soprattutto per conoscere una volta per sempre quello che si possiede”. Una riflessione ed una provocazione. Il Museo diocesano sta andando bene, entrando sempre più nel circuito dei visitatori e dei turisti. Sarebbe possibile pensare ad un massiccio trasferimento a titolo cautelare? “Assolutamente no, per una molteplicità di ragioni, prima tra tutte quelle che le opere d’arte, per essere apprezzate e comprese nel loro significato, debbono essere godute nel contesto per il quale sono state pensate, progettate e realizzate. Stiamo vivendo una emergenza e come tale va contrastata”. Direttore, la microcriminalità sembra avere una preferenza per San Domenico? “È vero: oltre al recente furto, mi duole ricordare una tela del Reposati (1700) ed opere lignee di indubbio valore. Una preferenza che va contrastata con misure straordinarie, sicuramente dolorose, ma al punto in cui siamo arrivati inevitabili”. Ad esempio? “San Domenico, dotata di impianto di allarme, è l’unica chiesa che rimane aperta durante l’intervallo del pranzo, quello più critico come dimostra la cronistoria dei furti. A malincuore dico che è giunto il momento di chiuderla, come fanno quasi tutti. Una decisione che, per quanto mi compete, farò in modo che vanga realizzata subito. Molto meglio un sacrificio temporaneo e circoscritto, che un depauperamento irrimediabile”.
“San Domenico l’ultima ferita”
Escalation di furti. Parla Paolo Salciarini, dell'Ufficio Beni culturali ecclesiastici
AUTORE:
Giampiero Bedini