Il 21 marzo scorso la Chiesa ha fatto memoria della festa di san Benedetto. Come vescovo della diocesi che ha dato i natali al santo patrono d’Europa, ho presieduto il solenne pontificale a Norcia, nella basilica a lui dedicata. Tutte le celebrazioni – convegni, Fiaccola benedettina e gemellaggio con la Croazia, partecipazione all’udienza generale di Papa Francesco – hanno avuto come filo conduttore i 50 anni dalla proclamazione di san Benedetto a patrono d’Europa. Per ricordare tale importante avvenimento, la comunità di Norcia ha voluto pubblicare un volume, che uscirà il prossimo maggio, dal titolo San Benedetto da Norcia patrono d’Europa. Cinquentenario della proclamazione: 1964-2014. Questo prezioso lavoro, che parte dalla lettera apostolica Pacis nuntius con la quale Paolo VI il 24 ottobre 1964 proclamava Benedetto patrono d’Europa, ripercorre e consegna alle nuove generazioni il legame di un territorio, quello nursino, con il suo “figlio” più illustre. Gli interessanti approfondimenti contenuti nel libro sulla storia del territorio che diede i natali al Patriarca dei monaci d’Occidente, sul significato della Fiaccola benedettina e sulle celebrazioni che Norcia negli anni ha tributato al Santo, sarebbero ben poca cosa se non si focalizzasse l’attenzione sulla spiritualità di san Benedetto, richiamata anche da Paolo VI: “Egli insegnò all’umanità il primato del culto divino per mezzo dell’opus Dei, ossia della preghiera liturgica e rituale”. Ci ricordava il Papa emerito Benedetto XVI che “nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, Benedetto viveva sotto lo sguardo di Dio, e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti”.
Se si vuole cogliere il punto focale della spiritualità di Benedetto e il segreto della sua “efficacia”, occorre partire dal discorso delle Beatitudini, dove emerge, da una parte, il contrasto netto tra lo spirito di Cristo e lo spirito del mondo, contrasto che il monaco – e anche il cristiano – è chiamato a incarnare con tutte le sue scelte di vita; dall’altra, è sottolineato che questo contrasto non implica un’opzione di pessimismo e di grigiore, ma al contrario è una condizione di gioia profonda. Il criterio di questa gioia è nettamente rovesciato rispetto a quello comune: beati, felici, sono detti i poveri, gli afflitti, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la causa della giustizia e per il nome di Cristo. E nel clima di incertezza e di confusione culturale nel quale siamo immersi sembra particolarmente significativo ricordare che san Benedetto ha saputo far incontrare il messaggio del Vangelo con le esigenze più profonde dell’uomo. Ricordava Papa Francesco nell’Angelus di domenica 13 luglio 2013 che “è dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore, perché noi vediamo proprio il Signore nel fratello e nella sorella bisognosi”. Oggi, allora, più che mai abbiamo bisogno di guardare a Benedetto da Norcia come maestro di vita, uomo che, nell’equilibrio, nella serenità e nella pace interiore ha trovato la forza di lanciare un messaggio forte, quello di Cristo, agli uomini del suo tempo.