Il rosario fa anche parte della liturgia?

Caro don Verzini, il mese di maggio è tradizionalmente il mese del rosario, e vi è la pratica diffusa – non solo in questo mese – di recitarlo prima che inizi la messa. Anche il rosario è quindi preghiera liturgica, come le lodi o la messa?

Gentile lettore, no, il rosario non è pratica liturgica in senso stretto, e chiaramente non può essere equiparato alla preghiera della liturgia delle ore o alla celebrazione eucaristica, anche se uno dei nostri libri liturgici, il Rito delle esequie, suggerisce di mantenere questa pia pratica durante la veglia nella casa del defunto, qualora ci sia l’usanza. Quindi in qualche maniera ciò che è nato dalla pietà popolare è stato assunto dalla prassi liturgica.

Con il Vaticano II è stata ri-posta al centro della vita ecclesiale, e della preghiera comunitaria e personale, la liturgia quale “fonte e culmine” della vita cristiana. Con ciò il rosario non le si oppone, ma anzi può aiutare a entrare con più consapevolezza e con predisposizione d’animo alla contemplazione del “mistero” che celebriamo nella liturgia.

A insistere sulla bontà di questa modalità di preghiera non è solo la stessa pietà popolare, che a partire dal secondo millennio l’ha fatta sua, ma anche il magistero di tanti Pontefici: da Pio V che istituì la festa di santa Maria delle Vittorie (1572) dopo la vittoria di Lepanto attribuita all’intercessione della Vergine, a Leone XIII, Giovanni XXIII, Paolo VI e, non da ultimo, Giovanni Paolo II il quale con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae (2002) non solo ci ha consegnato una ricca riflessione sul rosario ma, indicendo l’Anno del Rosario dall’ottobre 2002 all’ottobre dell’anno successivo, ha aggiunto i “Misteri della luce” a quelli tradizionali (della gioia, della gloria, del dolore) per meditare sulla vita pubblica di Gesù compresa tra battesimo e passione.

Insomma, vediamo come questa pia pratica, pur non essendo in senso stretto liturgica, è da secoli di somma importanza nella vita della Chiesa. Giovanni Paolo II la descrisse come quasi un compendio del messaggio evangelico; e in questo aiuta i cristiani non solo a chiedere l’intercessione di Maria per le necessità che vogliono presentare al Padre, ma anche a contemplare il mistero di Cristo alla scuola di Maria. Infatti chi se non la Madre ci può insegnare a metterci di fronte a Gesù? Lei che ha aiutato il Bambino di Betlemme a crescere in sapienza e grazia, può aiutare anche noi a entrare, quasi presi per mano, più intimamente nel mistero di Cristo.

Per questo la tradizione vuole che la recita ripetitiva di Padre nostro e di Ave Maria sia scandita dall’annuncio di un particolare episodio della vita del Cristo, meglio se accompagnato dalla proclamazione del brano di Vangelo di riferimento, così da meditare, riflettere, contemplare la vita di Colui che è stato ed è la nostra unica via di salvezza.

 

AUTORE: Don Francesco Verzini