di Pier Giorgio Lignani
Ho assistito domenica scorsa, in piazza San Pietro, alla canonizzazione di Paolo VI, di Oscar Romero e di altri cinque nuovi santi, proprio in mezzo a una marea di salvadoregni festanti, tutti con fazzolettoni con i colori nazionali, berrettini e magliette con l’immagine e il nome di San Oscar obispo y martyr (vescovo e martire).
C’erano anche molti pellegrini da altri Paesi dell’America Latina: ho visto bandiere di Bolivia, Nicaragua e Honduras, ma ce saranno state anche altre che mi sono sfuggite. Fra le autorità – oltre al nostro Mattarella – c’erano altri tre capi di Stato, tutti dall’America Latina: Cile, Salvador e Panama.
I latinoamericani fraternizzavano con i milanesi e i bresciani, altrettanto numerosi, che erano lì per Paolo VI; ed era un bel vedere questa spontanea amicizia fra popoli così lontani sulla carta geografica ma uniti dalla fede. Si capiva che la santificazione di Romero è stato un evento importante non solo per il Salvador ma per tutto il Continente.
In effetti, i santi della Chiesa latinoamericana ufficialmente canonizzati sono (ancora) pochissimi; credo che si contino sulle dita di una mano o poco più, mentre quelli italiani, o europei in genere, sono migliaia. Anche domenica scorsa, insieme a Paolo VI, che come Papa appartiene alla Chiesa universale, sono stati canonizzati in un giorno solo altri tre italiani e due suore non italiane ma comunque europee.
E questo agli americani non fa piacere: dicono che, visitando l’Europa, non si accorgono che ci sia tanta più santità che nei Paesi loro. E francamente non si può dire che abbiano torto. Negli ultimi decenni – ed è una tendenza che continua – cresce, se non altro dal punto di vista statistico, il peso della Chiesa cattolica latinoamericana rispetto a quella europea.
In questi giorni ho ascoltato un autorevole teologo argentino, Carlos Maria Galli, che illustrava i legami tra la figura di Papa Montini e quella di Papa Bergoglio. Sentendolo, mi sono reso conto di quanto noi italiani ignoriamo e sottovalutiamo la Chiesa latinoamericana. Il futuro abita lì?