Ristoranti umbri danneggiati dalle sagre?

Economia. I ristoratori propongono una normativa più severa in materia
Una delle tante e affollatissime sagre che vengono organizzate sul territorio umbro

Le 637 sagre umbre contribuiscono alla crisi della ristorazione. Un numero che fa riflettere, se si sommano le durate di tutte le manifestazioni: 4.539 giorni all’anno, pari a oltre 12 anni. I ristoratori soffrono particolarmente per la crisi, ma – sottolinea la categoria – il modo in cui le sagre gestiscono la gastronomia è particolarmente dannoso al settore. Pochissime infatti promuovono i prodotti tipici del territorio: si passa dalla Nutella alla sangrìa, dalla macedonia al pesce. La linea delle associazioni di categoria è semplice: “La nostra – dice il presidente di Confcommercio Aldo Amoni – non è una guerra contro le sagre: siamo favorevoli a quelle vere, regolamentate e sottoposte a leggi stringenti. Al riguardo, è stato presentato un pacchetto di proposte all’assessore regionale al Turismo Fabrizio Bracco, che si è detto disponibile a modificare l’attuale normativa”. I ristoratori chiedono alla Regione un Albo delle sagre di qualità per promuovere le eccellenze regionali, e la loro suddivisione in categorie: manifestazioni culturali, politiche, religiose, sportive o di volontariato; feste paesane e feste di partito. Tutte, secondo la proposta, dovranno durare al massimo cinque giorni, vietare la possibilità di prenotare o portare a casa i pasti, obbligo di utilizzare fornitori del territorio e requisiti stringenti in materia di igiene. Al massimo due piatti per portata. In ogni località poi – prosegue la proposta – ci si dovrà attenere a un numero massimo di dieci giorni, nel caso in cui le sagre siano più di una. Nel pacchetto di riforme sono previste anche sanzioni: a seconda del tipo di violazione, viene infatti ipotizzata sia la chiusura della sagra, sia l’applicazione di multe fino 9.000 euro. Dietro alla richiesta dei ristoratori, affinché il fenomeno delle sagre venga rivisto a livello organizzativo e legislativo, ci sono importanti motivazioni. “Molti di noi stanno soffrendo la crisi – afferma Romano Cardinali, presidente della Fipe-Confcommercio. – Anche se i proventi delle sagre servono per costruire o ricostruire spazi per la vita sociale della popolazione, in questo momento sono più importanti le piccole strutture, o la salvaguardia dei posti di lavoro?”. Nel mirino ci sono anche gli agriturismi: “È possibile –si chiedono i ristoratori – che una struttura con 20 posti letto dia da mangiare a 150 persone?”. E ancora: “Le sagre pagano 3.800 euro un cuoco per otto giorni!”.

AUTORE: Andrea Coli