di Angelo M. Fanucci
“Rinnovarsi”: parola d’ordine, parola magica. Anche per la Chiesa. Rinnovarsi, accogliere e valorizzare quanto di meglio, non solo a livello di tecnica ma anche a livello di contenuti, ci offre il mondo degli uomini amati da Dio nel suo incessante protendersi verso il futuro.
Ma a volte il vero progresso esige che la Chiesa innesti la retromarcia. L’ha fatto Papa Francesco nell’ottobre 2019 accogliendo la Pacha Mama e omaggiandola.
Nella sua esortazione apostolica post-sinodale Evangelii nuntiandi Paolo VI aveva esordito ricordando con grande forza l’impegno di noi cosiddetti “cristiani” ad annunziare il Vangelo alle persone del nostro tempo, animate dalla speranza, ma, parimenti, spesso travagliate dalla paura e dall’angoscia. Questo è senza alcun dubbio un servizio non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l’umanità.
Papa Francesco ha sempre rilanciato con altrettanta forza il messaggio di Paolo VI. Ma quando, all’inizio del Sinodo panamazonico del 2019, un gruppo cristiano indigeno gli si è presentato con diverse immagini della loro amatissima Pacha Mama, la Madre Terra, raffigurata in legno, con il pancione della donna incinta, Papa Francesco ha ingranato la marcia indietro.
Si è ricordato del dettato conciliare che, prima ancora di annunciare loro il Vangelo, ci impone di considerare le religioni non cristiane non come permesse da Dio (così come Egli permette l’esistenza del male), ma come volute da Lui per la salvezza di coloro che le praticano.
Per questo il Papa argentino ha preso parte sia alla cerimonia centrata su alcune di quelle statuette nei Giardini vaticani, sia alla processione che le portava dalla basilica di San Pietro all’aula sinodale.
Apriti cielo! Ben 7.500 “cristiani super” hanno firmato 7.500 lettere (ovviamente “super”) che accusano Papa Francesco di… idolatria , niente meno!
Ma le statuette Pacha Mama “non sono dee”, e di conseguenza “non c’è stato alcun culto idolatrico”, perché “sono simboli di realtà ed esperienze amazzoniche, con motivazioni non solo culturali, ma anche religiose, non però di adorazione, perché anche secondo loro l’adorazione va riservata solo a Dio”.
Lo scrive il vescovo emerito di San Cristobal de las Casas (Messico), mons. Felipe Arizmendi Esquivel, che con quelle popolazioni ha condiviso la vita intera, per molti anni.
Settemilacinquecento lettere a vuoto! Parola d’ordine: attaccare la spina, prima di parlare.