È in gioco il futuro dell’Umbria, ma le proposte per il riordino sono piene di ostacoli. Il Governo ha messo fretta agli enti locali dopo il decreto per la riduzione delle Province. Se si prende in esame la decisione del 24 luglio scorso, per la Provincia di Terni non ci sarebbe futuro. Né il Parlamento ha preso in considerazione le deroghe per le tre Regioni (Umbria, Molise e Basilicata) dove rimarrebbe una sola Provincia nell’intero territorio regionale. Nel frattempo il prossimo 6 novembre la Consulta dovrebbe dare un parere dopo il ricorso di 6 Regioni sull’illegittimità costituzionale di alcuni articoli che riguardano la riforma delle Province. Ma le Regioni dovrebbero fare la proposta di riordino prima di questa data. Insomma, si naviga a vista. Recentemente il ministro Patroni Griffi aveva affermato che le Province dovevano avere i requisiti per superficie e popolazione al momento del decreto. Come si colloca la proposta del Cal (Consiglio delle autonomie locali) che prospetta il trasferimento di 22 Comuni dalla Provincia di Perugia a quella Terni? Da una parte potrebbe essere una ‘forzatura’ senza sbocchi, dall’altra sarebbe una soluzione ipotizzando, nelle pieghe del provvedimento governativo, che, in pratica, non ci sarebbe un salvataggio della Provincia di Terni ma la creazione di una nuova entità provinciale, come prevede la Costituzione. Intanto, rispetto a qualche tempo fa, gli umori dei sindaci appaiono diversi visto che anche i più restii, come quelli di Foligno, Nando Mismetti, e di Spoleto, Daniele Benedetti, hanno ‘aperto’ alla possibilità di questo trasferimento. “Il disegno dell’Umbria – ha spiegato Mismetti – non può coinvolgere solo lo Spoletino, il Folignate e la Valnerina ma deve abbracciare l’intera regione”. Benedetti ha detto che “non si sono problemi nell’andare nella Provincia di Terni, ma in questa fase è d’obbligo chiedere ai cittadini quale sia l’assetto migliore”.
È un fatto che non c’è in ballo solo l’esistenza della Provincia di Terni ma gli assetti istituzionali e organizzativi di tanti altri enti (ben 21 nel territorio ternano, tra cui la prefettura, la questura e la Camera di commercio). Nella riunione a Foligno del Consiglio delle autonomie locali c’erano in pratica tutti i primi cittadini, oltre alla presidente della Regione, Catiuscia Marini. A questo incontro, disertato, forse intenzionalmente, dai parlamentari umbri, c’era la lodevole eccezione della senatrice Ada Urbani. Il sostanziale accordo tra i vari partecipanti parte da un presupposto: l’Umbria ha bisogno di due ambiti, una sola Provincia, coincidente con la Regione, sarebbe una vera e propria “anomalia”. La Marini vorrebbe temporeggiare. “Se il 24 ottobre – ha spiegato la presidente – forniamo un parere e il 6 novembre la Consulta accoglie i ricorsi, faremo ridere tutti gli italiani”. L’intenzione è quella tergiversare ancora per un paio di settimane, anche perché l’Umbria rischia di rimanere schiacciata dalla Regioni più grandi. La presidente punta ad aprire “una fase costituente, perché nessuno di noi ha la forza politica o l’autorevolezza per trasferire da una parte all’altra intere fette di territorio. L’Umbria è in transizione, e abbiamo bisogno di un tempo congruo per costruire un documento che riassuma temi che vanno ben al di là di una o due Province, coinvolgendo funzioni amministrative, istituzionali, economiche, e dobbiamo farlo insieme responsabilmente, senza consegnare alle tifoserie un dibattito strategico”.
I comuni che dovrebbero cambiare Provincia
Per il futuro della Provincia di Terni è necessario lo spostamento di 22 Comuni, tra i quali ce sono alcuni di rilievo come Foligno, Spoleto e l’intera Valnerina. Ecco i 22 Comuni che “sarebbero” da trasferire: Bevagna, Campello sul Clitunno, Cascia, Castel Ritaldi, Cerreto di Spoleto, Foligno, Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo, Montefalco, Monteleone, Nocera Umbra, Norcia, Poggiodomo, Preci, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spello, Spoleto, Trevi, Vallo di Nera e Valtopina.
Le decisioni dei vari Comuni, al di là dei possibili referendum, dovrebbe passare attraverso la decisione dei Consigli comunali, il che non sarà così scontato, né soprattutto rapido. In questo modo – secondo le intenzioni del Cal – le due Province sarebbero sostanzialmente riequilibrate per superficie ed anche per la popolazione. La nuova Provincia di Perugia avrebbe un’estensione di 2.042 chilometri quadrati per 516 mila abitanti, e quella di Terni 2.121 chilometri quadrati per 392 mila abitanti. Entro breve, il Cal sarà chiamato a deliberare la propria proposta di riordino.
La questione
Il riordinamento delle Province si muove su tre diversi livelli, tutti obbligatori.
Primo: un netto ridimensionamento di poteri, compiti e, di conseguenza, patrimonio e personale. Tutto ciò che non resta alla Provincia sarà riassobito dalla Regione e dai Comuni. L’operazione si dovrebbe (teoricamente) concludere entro il 2012.
Secondo: la scomparsa degli organi elettivi: presidente, Giunta, Consiglio, con annessi e connessi (Commissioni consiliari, Ufficio di presidenza del consiglio, eccetera). Ci sarà solo un Consiglio provinciale con 10 consiglieri, eletti dai Comuni, e un presidente, eletto dal Consiglio provinciale.
Terzo: il rimpasto territoriale. Questo sarà la novità più visibile e più dolorosa, perché non tocca solo le ambizioni dei politici (come i punti precedenti) ma la sensibilità e l’orgoglio delle popolazioni. I nuovi enti dovranno avere almeno 350 mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati.
Per quanto riguarda l’Umbria, la Provincia di Perugia è ampiamente al di sopra dei parametri (6.300 km quadrati, 672 mila abitanti), quella di Terni ampiamente al di sotto (2.100 kmq, 235 mila abitanti). In pratica Perugia dovrebbe cedere a Terni territorio con almeno 120 mila abitanti. Ma come e dove? La scelta spetta alla Regione e alla Conferenza regionale delle autonomie locali (in pratica l’assemblea dei rappresentanti di tutti i Comuni). Fatti i conti, non basterebbe l’intera Valnerina (Norcia e Cascia, con tutti gli altri piccoli Comuni) con l’aggiunta del Comune di Spoleto; ci vorrebbe un’altra bella fetta di territorio.
Se in sede di Conferenza degli enti locali si giungerà ad una proposta condivisa sulla revisione dei confini delle attuali due Province, questa verrà presentata al Governo che attiverà la procedura ordinaria prevista per l’istituzione di nuove Province.
cito: Benedetti ha detto che “non si sono problemi nell’andare nella Provincia di Terni, ma in questa fase è d’obbligo chiedere ai cittadini quale sia l’assetto migliore”.
riflessione:
IL SINDACO DI SPOLETO con il suo atteggiamento ALLA PONZIO PILATO non credo che eserciti al meglio la funzione di primo cittadino. Sono i tecnici di un luogo che dovrebbero istruire la loro popolazione su quale sia l’assetto tecnicamente migliore, in base alla loro competenza. A cosa serve un’amministrazione se poi è il cittadino che deve autoformarsi per esprimere la sua posizione nel merito?????
Non sono questi i tempi per nascondersi dietro gli altri (la popolazione). Chi amministra abbia l’onestà intellettuale di spendersi al meglio per la cosa giusta, ovvero la salvaguardia dell’intera regione ,,, che si realizza necessariamente con 2 province.