Come Centro volontari della sofferenza, siamo lieti di partecipare a tutta la comunità umbra la nostra gioia per il riconoscimento, il 27 marzo, delle virtù eroiche del nostro fondatore mons. Luigi Novarese. Che si unisce così – negli onori della Chiesa – a Giunio Tinarelli che fu tra i primi Silenziosi Operai della Croce dell’Umbria. Il riconoscimento della vita e virtù eroiche di mons. Novarese ci esortano a ringraziare il Signore per il grande dono che è stato la singolare ricchezza spirituale e pastorale, scaturita dal cuore, dalla vita e dal ministero di questo insigne apostolo dei sofferenti. L’esempio luminoso della vita di mons. Novarese, le linee limpide del suo insegnamento e le proposte forti dei suoi orientamenti pastorali, sono un dono tuttora vivo e stimolante per ripensare la vocazione e la missione dei sofferenti nell’agire ecclesiale. Mons. Luigi Novarese, sacerdote “fedele e innovatore”, è stato un grande uomo di fede: ha maturato questa fede grazie ad un discernimento vocazionale che l’ha portato a diventare sacerdote attraverso un cammino provato dalla sofferenza. In conseguenza ad una caduta, all’età di 9 anni si ammalò di una coxite tubercolare con numerosi ascessi. All’età di 17 anni ricevette la grazia della guarigione, per intercessione di Maria Ausiliatrice e di don Bosco. Si era promesso al servizio generoso verso i sofferenti come medico, ma con la prova della perdita anche della mamma, si chiese: “E se il Signore mi volesse sacerdote? Non potrei aiutare i malati in modo più integrale?”. Sottopose al suo padre spirituale queste domande, che confusamente animavano la sua ricerca del progetto di Dio. Padre Ferro gli rispose: “Sai, ti stavo aspettando!”. Cominciò a porre l’attenzione alla persona del sofferente, ad ascoltare la sua “voce” per poi elaborare un progetto di sviluppo integrale del sofferente, perché fosse “soggetto attivo” nel proprio ambiente di vita: familiare, ecclesiale e sociale. L’obiettivo principale dell’apostolato iniziato da mons. Novarese è quello di riconoscere che la persona sofferente e il disabile non sono un problema, ma una risorsa. Per la persona sofferente, ed il disabile in particolare, non si propone semplicemente l’ideale dell’assistenza e del primo soccorso ma, addirittura, l’ideale della riabilitazione e della restituzione psicologica, sociale e spirituale del soggetto nel proprio ambiente di vita. Il contributo di mons. Novarese è stato anche determinante per la lettera apostolica Salvifici doloris di Giovanni Paolo II sul senso cristiano della sofferenza umana. Il Papa, incontrando il Centro volontari della sofferenza, non esitò a definirlo come l’attuazione di questa lettera: “In occasione dell’Anno santo della Redenzione, io stesso ho voluto offrire alla Chiesa, con la lettera apostolica Salvifici doloris, una meditazione sul valore salvifico del dolore umano, e vi sono riconoscente perché avete contribuito a diffondere questo messaggio, oltre che con le parole, con la silenziosa testimonianza della vostra esistenza… Contiamo su di voi per insegnare al mondo intero che cos’è l’amore. Uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata ed intensificata azione pastorale, che non può non coinvolgere e in modo coordinato tutte le componenti della comunità ecclesiale, è di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente, non semplicemente come termine dell’amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di salvezza” (Giovanni Paolo II al Centro volontari della sofferenza in occasione del 50° di fondazione, 6 settembre 1997).
Riconosciute le virtù eroiche del loro fondatore mons. Luigi Novarese
Il Centro volontari della sofferenza in festa
AUTORE:
Erminio Cruciani