“Le mafie avanzano quando è basso il livello di allerta della società civile” afferma Walter Cardinali, coordinatore regionale di Libera. “Quello che è accaduto nella nostra regione – secondo Cardinali – è sintomatico di un’aggressione invisibile e lenta. Le mafie si fermano e si sconfiggono solo se c’è una diffusa consapevolezza e corresponsabilità, un ‘noi’ che rafforza la legalità e il senso della comunità”. “Corresponsabilità” e “noi” che sono mancati nel caso di quei cittadini e imprenditori umbri che “hanno taciuto di fronte alle minacce e alle violenze della ’Ndrangheta, e che hanno vinto la paura – ha detto Cardinali – solo quando hanno sentito sicura la presenza, attorno a sé, di carabinieri e magistrati. Bisogna aumentare la vigilanza, fare sì che denunce di questo tipo arrivino fin dall’inizio, prima che si producano danni gravi alla economia e alla società. Le vittime – ha sottolineato – saranno più pronte alla denuncia e collaborazione se sentiranno la vicinanza e il sostegno non solo degli inquirenti, ma anche delle istituzioni locali e di tutta la società regionale”. In Umbria – aveva detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti -, a differenza di altre realtà, non sono emersi collegamenti con la politica e la pubblica amministrazione. Un fatto sicuramente positivo, che però non può fare dimenticare recenti vicende giudiziarie non ancora concluse come “Appaltopoli” (‘bustarelle’ e favori per l’aggiudicazione di appalti pubblici) e “Sanitopoli” (assunzioni e altro, con imputati come l’ex governatrice Maria Rita lorenzetti). “Accogliamo con soddisfazione le dichiarazioni del procuratore sulla estraneità della politica” ha commentato Fabrizio Ricci, referente del presidio di Libera a Perugia intitolato ad Antonio Montinaro, uno dei poliziotti della scorta di Giovanni Falcone ucciso nella strage di Capaci. Tuttavia – ha continuato Ricci – “chiediamo alle Amministrazioni pubbliche la massima trasparenza nelle procedure per l’aggiudicazione degli appalti perché vicende come quelle di ‘Appaltopoli’ e ‘Sanitopoli’ ci preoccupano. Rischiano infatti di creare un humus favorevole per corruzione e illegalità. In questo senso, è fondamentale l’impegno di Confindustria e delle altre associazioni imprenditoriali per una vigilanza più attenta”.
Quali sono i segnali e i campanelli di allarme del ‘pericolo mafia’ che devono metterci in guardia? Prima di tutto – ha detto Ricci – la grande disponibilità di soldi. Quello che al venditore, soprattutto in tempo di crisi economica, può sembrare un affare (il prezzo dell’immobile o del negozio spropositato rispetto al mercato) è invece uno strumento delle mafie per investire proventi di traffici illeciti e penetrare nell’economia locale, inquinandola con la concorrenza sleale (lavoro nero, ma anche minacce e danneggiamenti) agli imprenditori onesti. Altro campanello d’allarme sono i prestiti facili ad aziende e persone in difficoltà, con tassi però da usura. È uno degli strumenti più usati dalle mafie per impadronirsi di beni e attività economiche. A volte l’approccio è amichevole e apparentemente disinteressato. A Ponte Felcino, ad esempio, da alcuni anni veniva segnalata la presenza di un gruppo di persone che passavano la giornata in bar e locali pubblici. Prima comportandosi da ‘amici’, poi cominciavano a non pagare più le consumazioni, disturbavano le attività e facevano minacce più o meno esplicite, fino a offrire la loro ‘protezione’. Alcune di queste persone sono nella lista degli arrestati dell’operazione “Quarto passo”. Ci sono tanti altri segnali di allarme di presenze delle mafie, come negozi e attività commerciali che continuano a cambiare di proprietà, o che aprono o chiudono in pochi mesi. Attività imprenditoriali avviate al di fuori di ogni logica di mercato, e che evidentemente nascondono altre finalità, come quella del riciclaggio di illeciti guadagni.
Libera già nel 2012 aveva redatto una inquietante mappa degli incendi dolosi in Umbria, dove il fuoco aveva distrutto auto, negozi e anche una discoteca. La Commissione di inchiesta del Consiglio regionale sulla criminalità organizzata e le tossicodipendenza ha proposto la costituzione di una sorta di intelligence sul problema delle infiltrazioni nel tessuto economico umbro e un monitoraggio sui passaggi di proprietà degli esercizi commerciali. Cittadini e istituzioni devono affiancare magistratura e forze di polizia in questa vigilanza contro il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata. “Però quello che fa più male alle mafie – ha sottolineato Ricci – è quando vengono colpite nel loro patrimonio” con la confisca dei beni degli affiliati. Purtroppo le procedure sono ancora troppo complesse e lunghe. In Umbria – ha detto Ricci – ci sono 25 proprietà confiscate. Si tratta di terreni, supermercati ed esercizi commerciali, appartamenti e immobili vari che devono ancora avere una utilizzazione sociale. Un primo risultato è stato ottenuto a Pietralunga nella proprietà sequestrata al clan De Stefano. Un immobile con 90 ettari di terreno, dove quest’ anno per la prima volta i volontari di Libera hanno coltivato patate, poi vendute durante la Marcia della pace Perugia-Assisi. “L’utilizzo sociale dei beni delle mafie, quando funziona – ha detto Ricci -, dimostra ai cittadini che quei beni che la mafia ha sottratto con violenze e illegalità oggi creano posti di lavoro e sono una fonte di ricchezza per la comunità. Insomma sono un esempio di buona economia contro la crisi e per l’affermazione della legalità”. Anche se – è opportuno ripeterlo – per difficoltà burocratiche, ancora troppi di questi beni formalmente confiscati restano inutilizzati, o addirittura continuano a rimanere nella disponibilità di persone che sono o dovrebbero essere in galera.
Chi è “Libera”
“Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata nel 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Presidente è don Luigi Ciotti, già fondatore del gruppo Abele di Torino; presidente onorario è Nando Dalla Chiesa, figlio del gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa che fu ucciso nel 1982 a Palermo dalla mafia. All’associazione si collegano Libera Terra, che vende prodotti (li si trova alla Coop) frutto del lavoro di giovani che, riuniti in cooperative sociali, coltivano terreni confiscati ai boss. Per promuovere il turismo responsabile è da poco nata “Libera il g(i)usto di viaggiare”. In Umbria, Libera è attiva da una decina di anni; è articolata in 10 presìdi territoriali, ha circa 500 soci e collabora con associazioni, gruppi e scuole.