La proposta di Renzi, riportata nei dettagli sull’Unità, circa il riconoscimento legale delle convivenze omosessuali era da tempo nell’aria. Ciò che lascia interdetti è il volerlo limitare alle sole convivenze gay, senza estenderlo alle coppie eterosessuali. Se fossi parte di una coppia convivente “etero” griderei subito allo scandalo e alla eterofobia, e in effetti non vi è ragione al mondo che fermerà la Consulta dal dichiarare l’incostituzionalità della norma laddove non preveda l’estensione del riconoscimento alle coppie etero.
L’autentica discriminazione che Renzi mette in campo è tuttavia dettata da ragioni ben diverse da quelle apparenti.
I più vicini al premier vi diranno che le coppie conviventi eterosessuali che vogliano veder riconosciuti i loro diritti hanno la possibilità di farlo mediante il matrimonio, ma la verità è un’altra. Renzi non vuol replicare l’errore del Governo britannico che – alcuni anni or sono – rischiò di mettere sul lastrico la previdenza sociale di Sua Maestà con il riconoscimento della rilevanza pubblica delle convivenze, omo o etero che fossero. Capirai! Tutte le badanti che risultavano convivere con il proprio anziano di spettanza si precipitarono a chiedere i sussidi pubblici e – alla morte del “badato” – chiesero in massa la pensione di reversibilità.
Cifre da capogiro costrinsero il Governo inglese a una precipitosa retromarcia, risolta con le molto più economiche nozze gay.
Ecco perché Renzi oggi propone la civil partnership solo per le coppie omo: i numeri semplicemente irrisori di coloro che ne beneficeranno non destano alcuna preoccupazione per le fragili casse dell’Inps.
Peccato però che il nostro Paese non si regga sull’Inps ma sulla famiglia così come prevista dall’art. 29 della Costituzione.
Umiliare o ridicolizzare la famiglia, mettendola sullo stesso piano delle sgradevoli carnevalate di cui al Gay Pride di due settimane fa porterà prevedibili conseguenze sia all’istituto stesso del matrimonio sia e più ancora alla stessa tenuta sociale dell’istituto familiare. Per non parlare del fatto che il ddl prevede espressamente la possibilità di adozione – anche se per ora limitata ai figli dell’altro partner. Inoltre con la liberalizzazione della fecondazione eterologa ciascuno potrà ordinare su internet i suoi figli e farli adottare all’altro a tutti gli effetti di legge.
Renzi e le coppie gay: contributo “molto poco evangelico”
Trovo questo contributo veramente irrispettoso e molto poco evangelico. La regolamentazione delle unioni omosessuali è un doveroso passo a cui il legislatore italiano non può esimersi a meno che non si vogliano disattendere due sentenze della consulta sul tema e diverse direttive comunitarie. Definire le manifestazioni che rivendicano l’estensione di diritt/doveri verso le coppie dello stesso sesso una carnevalata è profondamente rozzo, inappropriato e francamente superficiale. Un organo di stampa che si vuole definire cattolico dovrebbe evitare certi scivoloni. Per quanti riguarda i diritti all’adozione: appunto, si tratta di riconoscere un legame affettivo che lega il minore al partner del proprio genitore. In caso di assenza di un padre o di una madre è il minimo che si possa fare per tutelare lo stesso in primis. Preoccupatevi della famiglia eterosessuale, dove si consumano incesti, violenze, omicidi. Le cronache sono piene di fatti incresciosi che dovrebbero far scaturire una sana riflessione di dove la società sta finendo, anche con certi discorsi da voi proposti. I diritti civili sono diritti per tutti, anche per le vostre rassicuranti famiglie eterosessuali.
Renzi e le coppie gay: esercizio di democrazia
Che si possa e si debba giungere a regolare alcuni aspetti delle convivenze omosessuali (e non) è una questione su cui non ci sono particolari obiezioni, e nel breve articolo che lei commenta non si obietta a questa possibilità.
Quello su cui si vuole poter discutere sono i contenuti di questa regolamentazione, ma a quanto pare appena si prova a ragionare c’è chi mette sul piatto un concentrato di luoghi comuni che ha il solo obiettivo di negare il dibattito.
Per esempio, è un luogo comune proposto da chi si erge a difensore dei gay descrivere la famiglia eterosessuale come luogo “dove si consumano incesti, violenze, omicidi”. Il suo commento è emblematico di come per affermare “diritti” delle coppie omosessuali si attaccano le coppie eterosessuali negandone dignità e valore fino a descriverle come l’origine di tutti i mali.
Anche il riferimento al Gay Pride (perchè di questo si parla nel breve articolo) se non è osannante allora è, come lei dice, “rozzo, inappropriato e francamente superficiale”. Mi permetto solo di far notare che la “parata” del Gay pride è, per scelta degli organizzatori, una parata stile carnevale di Rio (basta vedere le immagini che sono anche sul sito ufficiale). E lei sa bene che i peggiori insulti alla Chiesa e alle persone come il Papa, i preti e i cattolici in genere, trovano espressione per dir così “colorita” nelle sfilate del Gay pride. E che io sappia nessuna delle associazioni LGBT finora si è mai dissociata da tali attacchi insultanti.
Infine, ma non ultimo, è vero che siamo un giornale cattolico, ma ciò di cui parliamo è argomento su cui la Chiesa stessa invita a riflettere e ad approfondire.
Papa Francesco, in aereo di ritorno da Rio de Janeiro, ha detto “ Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? … Il problema non è avere questa tendenza, no, dobbiamo essere fratelli … Il problema è fare lobby di questa tendenza: lobby di avari, lobby di politici, lobby dei massoni, tante lobby. Questo è il problema più grave per me”.
Credo che discutere e anche non condividere le richieste delle lobby dei gay sia semplicemente e laicamente esercizio di democrazia.
O su questi temi deve esserci il pensiero unico (delle lobby)?
Maria Rita Valli
Gentile Dott.ssa Valli, il pensiero unico, che a lungo (ma grazie al cielo sempre di meno) ha dominato in certi ambiti del cattolicesimo romano di stampo italiano ma anche tra certi laici (meno invece negli ambiti di un protestantesimo più evangelicamente ispirato – leggi valdesi, veterocattolici, metodisti e tra i cattolici di paesi europei a più forte presenza protestante) è stato quello di ridurre il Gay Pride a carnevalata e l’omosessualità a pratica sessuale fatta di infedeltà e promiscuità, volendo invece contrapporre una idea di famiglia idealizzata, tutta rispettosa dell’essere umano, luogo di crescita, solidarietà, affetti e rispetto. Il pensiero unico è quello che pone in contrapposizione la famiglia etero a quella omo come se non potessero coesistere: basta guardare i vicini e cattolicissimi stati europei che si sono dotati di una legislazione egualitaria (Spagna, Portogallo, Francia, ora persino Malta), per vedere che la famiglia eterosessale non è scomparsa ne sta scomparendo, non è risultata danneggiata in alcun modo. Non risulta che Spagna ci sia stato un calo di matrimoni eterosessuali od un incremento di divorzi. Non c’é insomma correlazione tra estensione dei diritti/doveri a gay e lesbiche e idebolimento dell’istituto del matrimonio. Laddove il matrimonio sia stato esteso alle coppie omosessuali, valgono le stesse regole di prima, le stesse tutele, gli stessi doveri.
Il mio citare la famiglia tradizionale ANCHE come luogo dove vengono consumate certe nefandezze di cui giornalmente le cronache sono piene era evidentemente un paradosso: perché la stessa viene da alcuni come UNICO istituto da tutelare, certamente non sono i gay ad attaccare la famiglia eterosessuale ne volerla indebolire, in quanto tutti ne hanno una di origine e molto spesso nella stessa hanno incontrato accoglienza e rispetto. Onestà intellettuale richiederebbe il riconoscimento che non c’é correlazione, ne argomenti veramente significativi contro non “una qualche forma di regolamentazione”, ma contro la piena estensione dell’istituto, anche sotto altro nome (leggi Unione Civile alla tedesca, che è di fatto un matrimonio con altro nome e con un diritto parziale all’adozione). Che poi il magistero della chiesa cattolica romana ritenga di non dovere procedere a benedire tali unioni è un altro discorso, ma qui non si parla di questo, non si pretende di dire a casa d’altro cosa debbano fare. D’altro canto moltissimi gay e lesbiche stanno trovando sempre più una casa spirituale dove vivere il proprio sentimento religioso sicuri di una accoglienza ispirata e sincera nell’anglicanesimo, presente in tutta Europa grazie alle missioni della chiesa episcopale americana, e ovviamente alla diocesi europea della chiesa di Inghilterra.
Relativamente al gay pride: o avuto modo di partecipare all’ultima dignitosissima manifestazione romana e posso assicurarLa che la maggior parte dei presenti non si presentava in abiti carnivaleschi ne quello era il tono della manifestazione. Spesso si parla di cose che non si è vissute personalmente. Che i media abbiano riportato prevalentemente immagini “colorate” non significa che il tono della manifestazione fosse quello riportato.
Infine e qui concludo: non se ne può più di sentir parlare di lobby e di demonizzazione delle stesse: il fatto di emergere e rivendicare una regolamentazione non basta per costituire una lobby. Essere organizzati in associazioni, avere una piattaforma con delle rivendicazioni, contarsi ed essere visibili è certamente il modo più efficace per far emergere certi temi nell’agenda dello sbadato legislatore italiano, indietro di almeno 10 anni rispetto ai colleghi dell’europa occidentale.
In tutto il suo argomentare, e di chi sostiene l’equiparazione della coppia omosessuale con la coppia eterosessuale, non condivido l’affermazione secondo cui trattare le due situazioni in modo diverso sarebbe “discriminatorio”.
Lei stesso riconosce che tutti abbiamo una famiglia eterosessuale dalla quale veniamo.
Ecco, a me pare che il cuore del discorso sia proprio qui: la famiglia eterosessuale è funzionale alla sopravvivenza della stessa società, e lo è anche oggi nonostante le più sofisticate, o barbare, tecniche di fecondazione (per me è barbaro e disumano “affittare” l’utero di una donna!) che non eliminano la necessità che all’origine di una nuova vita ci sono sempre una donna e un uomo. Ripeto, che questo avvenga in una camera da letto o in un laboratorio dove si manipolano ovuli femminili e spermatozoi maschili, non cambia il fatto che tutti veniamo dall’unione di un uomo con una donna.
Lo Stato si è sempre interessato della famiglia per regolare e tutelare fatti che hanno effetti nella società, come appunto la generazione e l’attribuzione della paternità e maternità, e non per sindacare se due persone si amano o no. Non lo fa neppure in caso di divorzio!
E sinceramente a me non piace uno Stato che si intromette nelle relazioni affettive.
Per questo il mio personalissimo parere è che la convivemza omosessuale, così come le convivenze in genere, è altra cosa dalla famiglia e che sia nella libertà delle persone scegliere con chi vivere e come condividere anche il proprio patrimonio. Se gli strumenti che il diritto mette a disposizione dei signoli necessitano di “aggiornamenti” d’accordo, ma senza pretendere di dire che sono uguali situazioni che uguali non sono.
Maria Rita Valli
L’argomento che spesso si cita nel discettare contro l’equiparazione tra matrimonio omosessuale ed eterosessuale è appunto quello dei figli e della fertilità dell’unione: peccato che l’istituto del matrimonio non sia aperto esclusivamente alle coppie eterosessuali fertili, ma anche alle relazioni sterili per loro natura (o vogliamo iniziare a precludere l’accesso al matrimonio alle coppie attempate?) e a coloro che legittimamente decidono di non procreare ne sono interessati o candidabili per l’adozione. Questa negazione non è prevista perché evidentemente non si vuole valorizzare prevalentemente l’aspetto procreativo, ma soprattutto il patto di solidarietà che sussiste tra i contraenti. D’altra parte molte coppie al femminile possono – se lo decidono – coronare un progetto di genitorialità senza risorso all’utero in affitto, basta il seme di un donatore. L’argomento decisivo – a volte bisogna saper essere pragmatici – laddove il matrimonio egualitario è già realtà (ad esempio in Argentina, Belgio, Brasile, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, in alcune giurisdizioni del Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Sudafrica, Spagna, Svezia, Regno Unito e in molti stati federati degli Stati Uniti d’America) non per questo la famiglia tradizionale è morta, non per questo non vengono più messi al mondo figli o sono venute a mancare le giustamente risorse previste per le famiglie ed i minori. Se si volesse fare una vera politica per le famiglie in Italia si dovrebbe cominciare innanzitutto a sostenere chi i figli li fa e li ha veramente, a prescindere dal genere biologico dei genitori. Parlare di soluzione privatista come si e fatto negli anni scorsi rivela una non reale comprensione delle problematiche in gioco: sappiamo bene cosa si possa e non si possa regolare privatisticamente. Aspetti come la successione, il subentro nella casa in affitto, le decisioni in caso di malattia, persino la visita e l’assistenza in ospedale, non possono essere risolte con accordi dal notaio. Se non esiste un legame di parentela, le decisioni sulla vita (o la morte) del compagno/della compagna rimangono esclusiva facoltà dei parenti stretti, e non della persona con la quale si è deciso di condividere l’esistenza. Estendere questi diritti con un istituto come il parlamento italiano si accinge a fare è un primo doveroso passo affinché le reti famigliari del Belpaese vengano rafforzate. Questo domandano anche sempre più anche i parenti e i genitori di gay e lesbiche che non vogliono vedere i loro figli trattati diversamente dai figli eterosesuali, preoccupandosi in primis della loro stabilità affettiva, che può sicuramente risultare rafforzata dall’esistenza di appropriati istituti.