Lo Sri Lanka accoglie Papa Francesco. “Quando lo scorso giugno – ricorda padre Cyril Gamini Fernando, responsabile generale per l’informazione – è stato ufficialmente annunciato che il Papa sarebbe venuto in Sri Lanka, c’è stata una reazione di gioia ed entusiasmo nella popolazione. Sebbene la maggioranza non sia cattolica, qui tutti amano la persona di Papa Francesco per il suo comportamento, la semplicità di vita, l’amore e la cura per i poveri e i malati. Lo hanno visto in televisione, su internet, e così hanno potuto conoscerlo e amarlo”.
Isola al largo della costa sud-orientale del subcontinente indiano, lo Sri Lanka per la sua forma particolare è stata soprannominata la “lacrima dell’India”. Il buddhismo theravada (70,2%) e l’induismo (12,6%) sono le religioni predominanti, seguite da islam (9,7%) e cristianesimo (7,5%, di cui il 6,5% cattolici).
Come è nata l’idea di questo viaggio? “Il nostro Cardinale – risponde padre Gamini – lo ha invitato in Sri Lanka. Il Papa gli aveva detto che voleva vedere come le differenti religioni vivono insieme in armonia. Il Cardinale gli ha proposto di venire a vedere di persona, e a quel punto il Papa ha accettato”.
Il dialogo interreligioso ha fatto dunque da sfondo al viaggio del Papa in Sri Lanka: molto atteso l’incontro con i leader religiosi al Palazzo dei congressi di Colombo. Sebbene anche questo Paese sia alle prese con gruppi di estremisti, l’auspicio espresso dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, è che la radicata tradizione di dialogo e armonia religiosa presente in Sri Lanka “possa prevalere su questi nuovi tentativi di destabilizzare la situazione, e nello stesso tempo auspichiamo che le autorità possano intervenire proprio per preservare questi che sono valori fondamentali della popolazione”.
In Sri Lanka, Bergoglio tocca un’altra “lacrima” che ha bagnato la storia del Paese: la guerra civile tra singalesi e tamil che per 26 anni (1983-2009) ha devastato l’isola, lasciando ancora oggi ferite profonde. “La guerra – conferma padre Gamini – è stata una guerra molto lunga. Il Paese sta cercando, anche se molto lentamente, di ritrovare la sua stabilità”.
Ma il processo che passa per la giustizia e conduce alla riconciliazione è ancora lungo e difficile. Cosa può fare Papa Francesco per aiutare lo Sri Lanka? “Papa Francesco – risponde Gamini – è un promotore di pace e di riconciliazione. È visto come la persona giusta che può approcciare questo discorso senza discriminare etnie o religioni. Penso che il Santo Padre potrà avere un certo effetto sulla nostra gente”.
Molto atteso anche l’arrivo del Papa in elicottero al santuario di Madhu, nel nord dell’isola, il più importante e frequentato santuario mariano del Paese. Si trova nella regione a maggioranza tamil, dove la guerra è stata intensa. Qui il Papa ha rivolto un discorso per la riconciliazione e la pace. “Quello di cui lo Sri Lanka oggi ha bisogno – ribadisce padre Gamini – è riconoscere che ogni essere umano è degno della sua umanità, senza considerare la sua razza, la sua origine. Ha bisogno di pace e anche di giustizia”.
Maria Chiara Biagioni
Scopri lo Sri Lanka
Conosco lo Sri Lanka come si può conoscere un Paese, una Chiesa, un popolo visitato tre volte negli ultimi anni, a seguito di un prete che da trenta ci mette piede – e mani e cuore… Appena un anno dopo la tragedia dello tsunami (dicembre 2004), che provocò – solo in Sri Lanka – oltre 40 mila vittime, la mia prima visita sui luoghi dove, grazie alla fratellanza e alla condivisione, si stava ricostruendo la speranza. La “perla dell’Oceano Indiano” ha lunghissime spiagge ombreggiate di palme, coste battute da venti e adorate dai surfisti, danze e costumi antichi e pittoreschi, processioni di elefanti e grandi templi con enormi Buddha da visitare nei giorni di luna piena, giorni di grande festa, ogni mese. Sta appena uscendo da trent’anni di guerra civile; miseria e violenza hanno prodotto il doppio delle vittime dello tsunami!
Nei canali di Colombo trovai un altro gigante della carità, padre Michele Catalano, ultraottantenne (scomparso qualche anno fa). Un grande uomo, capelli bianchi e sguardo dolce e sorridente; aveva compiuto il sessantesimo anno di missione in Sri Lanka. Il suo quartiere generale era poco più di una capanna fra le mille dei canali di Colombo. Costruiti dagli olandesi nel XVII secolo per portare spezie e mercanzie all’interno, furono poi abbandonati e trasformati in discariche all’aperto – di tutto: uomini, donne e bambini compresi. La terra del tè: colline dolci e infinite ricoperte, come vello di un agnello, da milioni di tenere foglioline verdi degli alberelli di tè. Le donne perse nei filari, simili a formiche colorate, cariche dei pesanti sacchi di tela, silenziose come monache, strappano veloci i germogli e sembrano accarezzarli. Un vecchio, in un villaggio, mi dice: “Siamo i più poveri, noi raccoglitori di tè. Veniamo da due secoli di colonialismo. La vostra solidarietà ci fa sperare e la fede ci sostiene e ci tiene uniti. Il futuro? Ho un figlio in seminario e alcuni nostri giovani studiano all’università. Ci sembra un segno di speranza”. Il seminario, già. Perché qui ci sono diocesi, seminari, religiosi.
A Kandy, l’antica capitale, al Seminario maggiore, filosofico e teologico, sono 120 i giovani studenti. Mi chiedono alcune parole. “Noi – dico – non siamo gli occidentali generosi che vengono a fare l’elemosina, ma il segno di Chiese sorelle che incontrano altre Chiese sorelle. Quello che ci scambiamo, fraternamente, è lo stesso dono: il Vangelo. Il Vangelo è il solo debito reciproco”. Sì, conosco un po’ lo Sri Lanka, come si conosce ciò che si ama. E ora Papa Francesco vi ha messo piede. Anche lui missionario umile, come il nuovo e primo santo srilankese, Joseph Vaz che, pur di entrare in Sri Lanka e annunciare il Vangelo, scelse la sola via allora possibile in piena persecuzione calvinista: farsi schiavo, pur di portare un conforto sotterraneo alla comunità perseguitata. La Chiesa di Sri Lanka non è da terzo mondo; ha semi pieni come quelli dell’inizio.
Angelo Sceppacerca