Vi sono sintomi evidenti, che trovano spazio nei mass media, di un disagio, se non di vera rottura, nei rapporti tra cattolici e coloro che si dichiarano, con termine abusivo, ‘laici’.
Abusivo perché i laici, come ha spiegato in un lucido articolo (La Voce n. 3) mons. Giovanni Benedetti, vescovo emerito di Foligno e teologo, sono i membri del popolo (laòs in greco) di Dio. Si dovrebbero chiamare più correttamente ‘laicisti’, coloro che intendono prendere distanza dai laici cattolici e dalla Chiesa. Si dirà che è una pura questione linguistica, ed è vero. Ma ha una sua rilevanza culturale perché con l’abuso del termine si finisce per etichettare i laici cattolici con i termini di clericali o simili. A parte ciò, il disagio, o rottura che sia, è rilevato da forme di neo-ghibellinismo, di laicismo radicale, di anticlericalismo.
Sembra che sia tornata una specie di paura della presenza della Chiesa nella società. Ed anche qui si fa confusione tra Chiesa cattolica, Vaticano, Conferenza episcopale, movimenti e associazioni, Ordini religiosi, parrocchie. Il mondo dei credenti è ricco e complesso e non sempre chi ne è fuori riesce a orientarsi e a darsi una ragione.
Ci si domanda: perché questo mondo dà fastidio? Chi ne ha paura? Possiamo fare l’ipotesi che molti, soprattutto i seguaci dello storicismo imperante nell’Ottocento, di stampo idealistico, positivista o marxista, hanno coltivato l’idea della scomparsa della religione e soprattutto di quel tipo di religione positiva che è il cristianesimo, coperto di accuse di ogni genere. La religione, per quello che ha di positivo, sarebbe stata riassorbita dalla scienza, dalla filosofia e dalla politica.
Un Dio trascendente, Altro, e una fede che oltrepassa la ragione sarebbero state idee del passato irreversibilmente superato. Il Progresso avrebbe assicurato il trionfo della Ragione. Gli intelletuali illuminati e tolleranti avrebbero potuto sopportare residui di religosità popolare che, tutto sommato, tiene buone le masse con la paura dell’inferno e la promessa della beatitudine ai poveri e ai sofferenti. Ma mai avrebbero potuto immaginare una così imponente e massiccia presenza di credenti disposti a far valere le ragioni della loro fede, nella società in cui vivono come cittadini, attraverso l’uso degli strumenti propri della democrazia e della politica.
Questi segni di presenza che ultimamente in Italia hanno dato fastidio ai laicisti sono la vittora per astensione sul referendum a proposito della legge 40/2004, la riuscita del Family Day, la convergenza di fette di opinione pubblica su questioni sensibili di etica.
Ma perché avere paura? I cattolici non escono fuori dall’ambito della democrazia. Non sono come coloro che usano la democrazia per abolirla una volta giunti ad avere una maggioranza. E non sono neppure mai autorizzati dalla propria fede a venir meno al dettato della coscienza propria ed altrui, nel rispetto della dignità e della libertà di ogni essere umano.
In Italia questi principi sono legati inoltre all’articolo 7 della Costituzione, al Concordato stipulato l’11 febbraio 1929 e rinnovato il 18 febbraio 1984. In questi solenni testi ufficiali la Chiesa si impegna a garantire collaborazione e intesa per la promozione dell’uomo e il bene della nazione.
Nessun sopruso e nessuna imposizione. La fede fiorisce nella libertà e nella concordia.