Il Giubileo dei politici che si è svolto domenica scorsa ha rimesso al centro della riflessione una eterna questione del rapporto tra religione e politica. In un’epoca che si diceva secolarizzata sembrava che la religione fosse messa da una parte e ridotta a sentimento intimo e personale da difendere con pudore da sguardi indiscreti, e si riteneva inoltre che anche la politica, con la cosiddetta caduta delle ideologie, si fosse preoccupata soltanto di ricercare la soluzione dei problemi concreti delle persone e delle società adottando i mezzi più efficaci a disposizione.Tutto questo sembra superato. La religione è al centro degli interessi spirituali delle masse e va ad incrociarsi inevitabilmente con le scelte politiche. La società infatti si trova ad affrontare problemi che hanno una profonda incidenza etica, quali sono le leggi sulla salvaguardia della vita, sulla famiglia, le biotecnologie, l’immigrazione, la destinazione delle risorse tra le classi sociali e in prospettiva mondiale. Tutto questo spinge i credenti consapevoli della loro fede a prendere posizione e possono così divenire una forza determinante nel momento delle elezioni. Ciò spiega perché nella campagna elettorale americana il nome di Dio sia stato pronunciato frequentemente, 13 volte in un solo discorso di un ebreo osservante candidato senatore per il partito democratico e Bush si è dichiarato un “born again”, che significa un convertito e ha proposto un “Jesus Day”. Ciò spiega anche perché Berlusconi ha aperto la campagna elettorale in un incontro di cattolici e Rutelli si dichiara fervente sostenitore del Giubileo. E’ tutta strumentalizzazione e furbizia politica? Pensiamo di no. C’è anche tra i politici sincerità e desiderio di compiere il bene. C’è sincerità nei politici credenti come c’è nei politici che si dichiarano apertamente contrari alla Chiesa e alle scelte che essa propone. Anche se essi pure possono essere tentati di strumentalizzare la non credenza di parte della società prendendo posizioni che possono intimamente considerare ingiuste o immorali. Riesce infatti difficile pensare che possano essere intimamente convinti di certe scelte che alla luce anche del semplice buon senso comune sembrano inconcepibili. Ma non giudichiamo né questi né quelli. Il cattolico tuttavia dovrebbe sapere come comportarsi. Nel caso poi del sospetto che i valori in cui crede possano essere strumentalizzati la scelta crea disagio e la riflessione deve essere approfondita per non diventare complici di chi volesse fare della religione un “instrumentum regni”, un mezzo per ottenere il potere e basta. Questa riflessione e la ricerca conseguente sarà facilitata se si potrà sviluppare nei mesi che seguiranno un approfondito dialogo sul terreno politico-religioso che non suoni come una contrapposizione astiosa, una serie di dichiarazioni demagogiche, ma si svolga secondo quel criterio che nel Giubileo dei politici il Papa, tra le molte interessanti e forti parole, ha ricordato: la strada del “dialogo resta lo strumento insostitiuibile per ogni confronto costruttivo”.
Religione e politica
AUTORE:
Elio Bromuri