Il primo incontro di formazione per le famiglie, le coppie e gli adulti, organizzato dalla Pastorale familiare con don Carlo Rocchetta a Trestina, aveva come titolo “Le difficoltà di coppia, un’occasione per re-innamorarsi”.
Il relatore ha preso in considerazione i sintomi della crisi dei matrimoni: “crisi”, parola che non indica solo una cosa negativa, ma anche una opportunità di crescita che permette di andare oltre. Prevenire la crisi è meglio che curare, e la cura consiste nel seguire il cammino dei matrimoni, nel convincimento che riescono maggiormente matrimoni sui quali si opera un serio discernimento, per capire che spesso in un matrimonio c’è un vissuto compresso di difficoltà e problemi.
Sposarsi non è cosa semplice: sposi non si nasce, è necessario prepararsi per accettare l’altro perché la differenza diventi integrazione, così che dai Due nasca l’Uno.
Deve essere chiaro che la crisi prima o poi arriva. Per questo motivo nessuno deve sentirsi sicuro, perciò è necessario essere attenti e saper leggere i segnali di crisi che, quindi, deve essere messa in programma, per essere preparati per quando questa arriva. In questo caso quale è la possibile soluzione: tirare a campare non lo è, la separazione è fuggire la realtà. L’unica vera soluzione è “re-innamorarsi”, riscoprirsi amati e apprezzati.
Quattro sono i sintomi che preavvertono la crisi e sui quali è necessario lavorare. Primo, la solitudine: la mancanza di dialogo profondo, l’incapacità a trovare momenti per stare insieme e la mancanza di voglia per stare insieme. Così si crea il vuoto nella coppia e la ricerca di compensazioni.
Secondo, la monotonia: la fossilizzazione della convivenza, lo smarrimento del senso dello stupore, la frustrazione, la mancanza del linguaggio della carezza a causa della quale tutto diventa funzionale.
Terzo, lo stato permanente di litigio e di rivincita. Il sentirsi avversari, continuamente scontrosi, sentirsi in competizione, vivere tutto in stile commerciale (facendo del matrimonio un do ut des, vivendo la pretesa di ricevere sempre delle ricompense dal patner), anche l’intimità.
Quarto, l’assenza di spiritualità: la mancanza di educazione ad ascoltare Dio, che aiuta a diventare capaci di ascoltare l’altro/a. Tutto quello che è fatto deve essere fatto non separatamente.
Con molto rammarico, vista la competenza del relatore, fondatore ed animatore della “Casa della Tenerezza” di Perugia, è stata annotata la scarsissima partecipazione all’incontro, che doveva essere diocesano. Fin d’ora segnaliamo che il prossimo incontro con don Rocchetta si terrà il 13 gennaio e avrà per tema “La tenerezza, co-progetto di vita per gli sposi”. Appuntiamolo sul calendario.