Primo cittadino della nobile città di Treviso, un dì capitale della marca Trevigiana e oggi capitale del leghismo puro e duro, quello col ruttino, quello che piace a Bossi. Il Sindaco Gentilizi: giorni fa ho assistito a uno dei suoi famosi sproloqui. Si, lo so che oggi si chiamano performances, ma date retta: se la lingua serve ancora a comunicare, la parola “sproloquio” è quella giusta. Una “esternazione” Doc. Si, lo so che nella buona e cara lingua italiana bisognerebbe usare la parola affermazioni, ma ci fu un tempo in cui Cossiga, girata la boa del suo settennato sul colle, stanco dell’appellativo di criceto silente affibbiatogli da la Repubblica, decise di dar fuori di brutto: da allora “esternazione” è la parola giusta, perché (contrariamente ad “affermazione”) rimanda a quella dimensione psicopatologica che il Picconatore tentò di accreditare come dimensione politica. Gentilini ha definito “Razza Piave” i Trevigiani che egli amministra. “Razza Piave”. E’ solo uno dei picchi del lirismo da supermercato al quale Bossi e i suoi ci hanno abituato. “Razza Piave”. Doveva dire “gente onesta e laboriosa”. Invece dice “Razza Piave”. Gente che di fronte alle difficoltà non s’arrende, questo doveva dire. E invece ha detto “Razza Piave”. Gente capace di raccogliere sospirando i propri quattro stracci, e trasferirsi agli antipodi, in Australia, o in Canada, e fermarcisi 10, 20, 30 anni, tra altra gente che non conosce ma che le permetterà di guadagnarsi il pane. “Razza Piave”? Ma di questa gente l’Italia è piena. Mi affaccio alla finestra e vedo le mille case sparse che punteggiano la campagna di Gubbio. Erano Catapecchie. Ora sono edifici lindi, col tetto rosso e le persiane verdi e il giardinetto intorno.Le hanno messe in piedi gli Eugubini che negli anni 50, 60, 70 emigrarono, lontano da casa, a fare quei lavori che oggi , calcolando all’osso,a Treviso la Razza Piave affida sospirando agli Extracomunitari. Emigrarono, misero insieme un gruzzoletto, tornarono e misero in piedi una loro attività, o comunque contribuirono in maniera decisiva alla crescita dell’imprenditorialità. Si sono dati una sicurezza col lavoro e il sacrificio. Ma noi non ci siamo mai sognati di chiamarli -che so io?- Razza Appennino. Forse perché la parola “razza” ci fa paura: troppi e troppo grandi delitti furono perpetrati in suo nome. La parola “razza” la riserviamo alle mucche della Val di Chiana. Sono grosse e paciose, e dànno latte ottimo; e ti guardano con l’occhio mite del docente universitario in pensione. Ma non presumono di entrare tra i tratti fisionomici di un qualsiasi gruppo umano.