È stato presentato il 5 luglio, a Roma, il XXV Rapporto Immigrazione 2015 “La Cultura dell’incontro” a cura di Caritas italiana e Fondazione Migrantes. Tra gli intervenuti il segretario generale della Cei mons. Nunzio Galantino, il presidente di Migrantes mons. Guerino di Tora, i direttori di Caritas italiana e Fondazione Migrantes, mons. Francesco Soddu e mons. Gian Carlo Perego, e Piero Fassino, presidente Anci. In Italia, al 1° gennaio 2015, i cittadini immigrati regolari sono 5.014.437 (+ 1,9), con un’incidenza sulla popolazione totale pari all’8,2%, dei quali 98.618 (il 2%) vivono in Umbria, pari all’11% degli abitanti complessivi della nostra regione, i cui principali Paesi di provenienza sono la Romania (26,4%), l’Albania (16,4%), il Marocco (10,2%), l’Ucraina (5%) e la Macedonia (4,5%).
Nel “cuore verde” d’Italia si registra una leggera flessione di immigrati (-1,3%), e in sede romana di presentazione è stato ribadito che «non c’è alcuna invasione inarrestabile o emergenza da fronteggiare, se si pensa che in alcune regioni (Veneto, Marche e Umbria) il numero degli immigrati è in calo». Nell’Unione Europea gli immigrati regolari sono poco più di 35 milioni, pari al 6,9% della popolazione totale e in Paesi come la Spagna e la Grecia sono in diminuzione (-4,8% nel primo e -3,9% nel secondo).
Chi arriva in Europa, in Italia e in Umbria è soprattutto per motivi di lavoro, per ricongiungimenti familiari e per chiedere asilo. Il fenomeno dell’immigrazione in Italia è definito delle “3S”, come evidenza lo stesso XXV Rapporto Caritas/Migrantes, cioè «stabile, statico e stagnante». In Umbria, particolarmente significativo, è l’aspetto del lavoro che vede gli immigrati, nel secondo trimestre 2015, con la maggiore percentuale di occupati (54,6%) rispetto agli italiani (45,4%) e meno inattivi (il 30,7% contro il 50,7% degli italiani), perché più disponibili a svolgere lavori “pesanti” nei settori agricolo, edile e dei servizi vari (es. domestici e di assistenza). Basti pensare che gli stranieri occupati in agricoltura sono il 7,5%, mentre gli italiani appena il 2,1%, nel settore edile il 12,5% contro il 6% degli italiani e nei servizi il 64,2% contro il 54,2%.
Le pagine del Rapporto dedicate all’Umbria
Altro aspetto rilevato dal XXV Rapporto, per quanto riguarda l’Umbria, è la scuola. Nell’anno scolastico 2014-2015 gli alunni di famiglie straniere che hanno frequentato gli istituti scolastici della regione sono stati 17.463, con un’incidenza del 14,2% sulla popolazione scolastica complessiva, in leggero aumento rispetto all’anno precedente (+0,7%). Gli studenti nati in Italia sono il 58,2% e quelli nati nei Paesi di origine il 41,8%. La popolazione scolastica immigrata è così distribuita: scuola d’infanzia 21%, primaria 33,3%, secondaria di primo grado 21% e secondaria di secondo grado 24,7%.
In particolare su giovani e famiglie si concentrano i progetti di integrazione messi in campo dalle Caritas diocesane umbre in collaborazione anche con le Istituzioni civili. Basti pensare al progetto “Cittadini del Mondo” di Foligno e alle tante iniziative di doposcuola e laboratori linguistici offerte da parrocchie e oratori un po’ in tutte le otto diocesi della regione. Ad esempio a Ponte San Giovanni di Perugia, il doposcuola della Caritas parrocchiale è frequentato da 72 alunni di ben 22 nazionalità diverse. Anche sul fronte lavoro e del sostegno materiale alle famiglie che hanno perso il lavoro per la crisi, le Caritas diocesane hanno messo in campo aiuti concreti, con il sostegno delle Fondazioni Casse di Risparmio e di diverse realtà imprenditoriali, come il “Fondo di Solidarietà” e gli “Empori di Solidarietà”. Ad esempio la Caritas di Spoleto, in particolare nel comune di Trevi, ha previsto anche per alcune famiglie immigrate la possibilità di ricevere in concessione gratuita piccole porzioni di terreno agricolo da coltivare come orti per l’autoproduzione di beni primari.
Il capitolo dedicato all’Umbria del XX Rapporto Immigrazione Caritas/Migrante è stato redatto da mons. Luigi Filippucci, responsabile regionale di Migrantes e dall’assistente sociale Stella Cerasa della Caritas di Perugia, responsabile del “Progetto diocesano d’accoglienza profughi e richiedenti asilo”, che ha partecipato a Roma alla presentazione del Rapporto insieme al delegato regionale della Caritas Umbria Giorgio Pallucco e a due giovani pakistani, Iqbal e Sufiyan, ospiti presso una struttura di accoglienza della Chiesa perugina.
Nel riflettere sul tema di questo XXV Rapporto, “La cultura dell’incontro”, Stella Cerasa commenta: «Non avremmo mai immaginato di parlare di immigrazione in un contesto mondiale dove l’odio e la violenza predominano. Per anni abbiamo parlato di modelli di integrazione, tutti super citati e non pochi falliti in questi 25 anni di osservatorio del fenomeno immigrazione. E allora il vero modello è dettato dalla “cultura dell’incontro” che Caritas e Migrantes propongono anche attraveso questa pubblicazione, che non a caso il Ministero dell’Istruzione e dell’Università vuole diffonderla, come è stato annunciato alla presentazione».
«L’integrazione dialogica, l’integrazione come pratica sociale che costruisce cittadinanza sociale, civica e culturale. E questa – sottolinea Stella Cerasa – è l’integrazione promossa dalle nostre Chiese umbre, un integrazione fatta di quotidianità di vicinanze e di condivisione. L’integrazione fatta non per “progetti”, ma di condivisione di momenti di vita comune. Vita comune che permette di superare ogni paura dettata dalla non conoscenza».
Il delegato regionale Caritas Giorgio Pallucco evidenza quanto «questo Rapporto possa contribuire, se diffuso e declinato nei contesti concreti in cui ci troviamo a vivere ogni giorno, a costruire una conoscenza del fenomeno fondata sulla sua realtà e non sulla sua percezione. Prima di “mettere le mani avanti” e “alzare barriere” di fronte a presenze straniere nei territori, proviamo ad incontrarli e ad ascoltare le loro storie. Questo potrebbe essere il momento in cui le mani possano volgersi in abbraccio più che in avanti». Il delegato Caritas Umbria è anche convinto che «il Rapporto immigrazione va fatto conoscere il più possibile nei contesti locali non solo ecclesiali ma soprattutto civili. Per far questo occorre veicolare i suoi contenuti anche con il sostegno dei mass media».