Dal 28 dicembre si stava discutendo con toni piuttosto accesi sulla questione dei bambini ebrei battezzati di nascosto e non restituiti e si sono prese di nuovo le distanze da Pio XII e dalla Chiesa cattolica da parte di storici e giornalisti e anche da parte di alcuni rappresentanti dell’ebraismo. La questione è sembrata risolta o almeno appianata e chiarita con la produzione dell’intero documento e con una riflessione più attenta alla verità che non allo scoop giornalistico. Ma se vi fosse stato ancora qualche strascico polemico, come è inevitabile che sia quando s’innescano certi meccanismi accusatori, è venuta la visita al Papa di 160 rabbini delle tre correnti dell’ebraismo attuale, i conservatori, gli ortodossi e i riformati, in qualche modo rappresentanti dell’intero ebraismo. Una visita non certo occasionata da questi fatti recenti essendo stata presumibilmente preparata da tempo, ma espressione di un sentimento profondo che non sembrava esistere o comunque non è di pubblico dominio. ‘Grazie, grazie, grazie’ Bisogna andare ad un documento di alcuni anni fa sottoscritto da intellettuali ebrei intitolato ‘Dabru emet’ per trovare un testo significativo con espressioni di apprezzamento per il cristianesimo da parte di intellettuali ebrei. Un documento peraltro rimasto nella riserva conoscitiva degli esperti. È significativo tuttavia constatare che vi sono dei precedenti. Questo documento è un appello firmato da 172 rappresentanti dell’ebraismo negli Stati Uniti, in Canada in Gran Bretagna e in Israele, testimonianza esemplare di una sincera volontà di dialogo, pubblicato dal New York Times del 10 settembre 2000. La frase ‘Dabru Emet’ viene dal verso: ‘Ecco ciò che voi dovrete fare: parlate con sincerità ciascuno con il suo prossimo; veraci e sereni siano i giudizi che terrete alle porte delle vostre città’ (Zac 8,16). Ora questi rabbini riconoscono a Giovanni Paolo II di aver compiuto gesti così forti e dirompenti da potersi considerare ‘una rivoluzione spirituale’ rispetto ad una mentalità radicata e diffusa e a confronto di una storia secolare di incomprensione e vicendevole disprezzo. È stato anche efficace sul piano della comunicazione quando rabbi Jack Bemporad, rabbi Blecth e rabbi Schwaertz hanno detto tre volte al Papa ‘Grazie grazie grazie!’ e tre volte ‘Shalom shalom shalom!’ ed hanno insieme recitato la benedizione biblica che conoscono bene anche i cristiani, che si legge il primo gennaio: ‘Il Signore ti benedica e ti protegga, faccia brillare su di te il suo volto e ti dia pace’ (Numeri, 6, 22-27). Gary Krupp e padre PioL’iniziativa è stata resa possibile per la storia singolare e suggestiva di un signore ebreo americano, Gary Krupp, il quale fece dono di strumentazioni mediche alla Casa di sollievo della sofferenza di san Giovanni Rotondo fondata da padre Pio. In segno di ringraziamento il Papa lo nominò Cavaliere di San Gregorio Magno, la massima onorificenza che il Vaticano può concedere ad un laico. Krupp fu colpito da questo gesto e nel 2002 ha dato vita ad una fondazione che si chiama ‘Pave the Way’, prepara la strada, avente per scopo il riavvicinamento tra mondo ebraico e mondo cristiano, tra Santa Sede e Israele. Oltre i ‘mutui pregiudizi’Una motivazione remota di questo incontro è il quarantesimo anniversario della dichiarazione sulle religioni non cristiane del Concilio Vaticano II, Nostra aetate, anche se questa cade tra qualche mese, essendo stata approvata il 28 ottobre 1965. E tuttavia il riferimento a questo avvenimento è importante perché segna l’inizio di una storia che ha potuto dipanarsi successivamente nei gesti che conosciamo e con la strutturazione di gruppi di studio congiunti, di iniziative comuni, giornate di riflessione, scambio di informazioni sulle Scritture, che permettono una conoscenza sempre più approfondita dei due grandi mondi religiosi e culturali, ebraico e cristiano. In questo modo nel nostro tempo è stato possibile eliminare una serie di mutui pregiudizi che sono stati tramandati di generazione in generazione per secoli all’interno dell’insegnamento impartito ai bambini. Il rabbino Sermoneta di Bologna a Radio Vaticana ha detto che forse ci sono ancora parroci di campagna che fanno discorsi antisemiti quando predicano la passione di Gesù. Penso che sia difficile ma che possa anche avvenire sull’onda di un sentimento di indignazione per il giusto crocifisso. Si tratta probabilmente di quella forma che R. Rendtorff (Cristiano ed ebreo oggi, Claudiana) chiama l’antigiudaismo ingenuo, senza malizia e senza odio, che ci fu all’inizio del cristianesimo, oggi frutto di carenza di preparazione e di cultura che va superato con l’informazione e la revisione degli schemi interpretativi dei Vangeli. Il gesto dei 160 rabbini e capi di comunità in udienza dal Papa e la riflessione su di esso possono contribuire a portare a compimento il cambiamento di mentalità.
Rabbini in Vaticano
C'entra anche padre Pio in questa storia che ha portato in udienza dal Papa 160 Rabbini delle tre correnti religiose ebraiche. Un attestato di stima che giunge dopo le polemiche giornalistiche
AUTORE:
Elio Bromuri