Quinto anniversario dell’ingresso in diocesi per mons. Fontana

Nella festa di San Ponziano il popolo si stringe intorno all'altare dell'Arcivescovo

Il 13 gennaio 1996, ai primi vespri di S. Ponziano martire, patrono di Spoleto, faceva il suo ingresso in Spoleto, il nuovo arcivescovo mons. Riccardo Fontana, consacrato appena otto giorni prima dal Papa in S. Pietro nella Festa dell’Epifania. Ci fu grande entusiasmo. Un Vescovo giovane, neppure cinquanta anni, con una grande esperienza sia in patria – tra l’altro, Assistente degli scouts del Lazio – e all’estero, con la missione in Indonesia, oltre poi al servizio prestato in Segreteria di Stato e nella Nunziatura Apostolica in Italia. Nelle sue parole ci fu tanta forza e tenerezza insieme. Era il momento di sognare, ed effettivamente sognammo. Oggi, dopo cinque anni del suo servizio episcopale, siamo tornati a ringraziare il Signore per la vigorosa condotta della nostra Chiesa in questi cinque anni che ci hanno condotti al nuovo millennio. E’ un’elencazione che non finirebbe più, a cominciare dalla prova tremenda del terremoto, quando mons. Fontana partì immediatamente, nella notte, per il Sellanese, il duomo restaurato, il seminario riaperto, la curia ampliata e finalmente del tutto funzionale, i seminari presbiterali di Roccaporena e le annuali assemblee diocesane per il varo dei piani pastorali, la Visita pastorale, e soprattutto le meraviglie del Giubileo e le assise del Sinodo. Il sogno si va facendo sempre più realtà. Un Vescovo giovane per una Chiesa giovane, anche se qualcuno, un po’ attardato, fatica un po’ a tenere il passo. Un Vescovo che chiede tutto a se stesso, ha tutto il diritto di chiederlo ad ogni membro della sua Chiesa. Eccoci così al terzo millennio che mons. Fontana ha voluto aprire “nel segno dei giovani”, poiché soprattutto ad essi è andato il suo pensiero in questa festa del nostro grande Ponziano, martirizzato ad appena 18 anni, ma aveva già lo spessore di un Padre della Chiesa, egli che al giudice che l’interrogava sul nome rispondeva: “I genitori mi hanno chiamato Ponziano, ma il mio nome è Cristiano, poiché io sono il Cristo”. Lo scorso anno, Spoleto fu funestato dal fatto tragico di un nostro ragazzo, Diego, e non fu l’unico, che morì suicida. L’affermazione di mons. Fontana è stata nettissima: “Aveva bisogno di una risposta, ma non l’ha avuta”. Ecco allora tutta la problematica di ragazzi e giovani che chiedono una risposta, ma invano. Dove sono gli educatori? Dove la scuola, la famiglia, la stessa Chiesa? Basta! Il nuovo millennio non dovrà attardarsi sulle remore e le stanchezze di sempre. La pastorale giovanile, ed insieme familiare, deve riprendere in pieno e con tanta fiducia poiché i giovani l’attendono, lo Spirito di Dio la vuole, i nostri Santi, primo Ponziano, ci incoraggiano. Ma non iniziative isolate: è necessario muoversi insieme, nella diversità dei carismi e delle opportunità, ricordando che la diversità è dallo Spirito mentre disunione è da Satana. Dobbiamo, a tutti i livelli, in questa nostra Spoleto, cercare e individuare ciò che ci unisce, tornando ad essere autentica comunità ecclesiale e civile: è nella logica della storia, anzi di Dio, che ci si integri a vicenda, superando reciprocamente gli inevitabili limiti. Su questa linea si sono svolte le varie manifestazioni. Alla vigilia, i primi vespri solenni, fatti ancor più degni dalla magnifica Cappella musicale del Duomo con mons. Simonelli. L’Arcivescovo ha avuto giustamente parole di congratulazione e di augurio: finalmente un complesso degno di Spoleto, la città dalla grande tradizione musicale, con i suoi teatri, la sua storia e il suo Festival. Poi, il 14, giorno della Festività, anzitutto la preghiera di lodi nella chiesa delle Clarisse, tutti insieme, presbiteri, religiosi e laici. Quindi alle 11, la grande Messa solenne, con tanti e tanti concelebranti, un cuor solo e un’anima sola con l’Arcivescovo e il popolo che ha gremito la Cattedrale come per la chiusura del Giubileo. Finalmente, al pomeriggio, dopo i secondi vespri, la “Fiaccolata d’onore”, con i cento cavalieri che hanno scortato nel ritorno alla sua Basilica e alle sue sorelle Canonichesse lateranensi, l’insigne Reliquia del Martire, la “Sacra Testa” sulla cui autenticità ebbe a pronunziarsi addirittura Ludovico Antonio Muratori, che ne determinava l’età tra il quarto e il quinto lustro di vita. Ci attende ora, nel quadro delle operazioni sinodali, il tener fede all’impegno preso con tanta solennità per i nostri giovani. Platone parlava ai suoi tempi dei “coppieri dell’arbitrio che aprono la strada alla tirannide”. E’ il rischio anche di oggi: ma, con l’aiuto di Ponziano, noi vorremo essere i coppieri della consacrazione: famiglia, scuola, chiesa insieme. Il Sinodo ci attende.

AUTORE: Agostino Rossi