C’è chi minimizza la portata della questione sollevata dalla Santa Sede, circa il dovere che la Carta dell’Unione europea dica chiaramente i valori cristiani che hanno ‘fatto’ l’Europa. Questioni di lana caprina, dicono. No: questione di fondo. In gioco c’è l’esaltazione di quella che Paolo VI chiamava la ‘sana laicità dello Stato’ e la contemporanea spedizione al mittente dell’ennesimo insulto del laicismo ingobbito dal tempo troppo lungo e dalle malefatte troppo meschine. ‘Sana laicità’ nelle questioni che riguardano le leggi e le istituzioni vuol dire da una parte astenersi da ogni giudizio di valore circa il patrimonio ideale che ispira le proposte avanzate dalle forze in campo, ma al tempo stesso riconoscere e recepire la linfa vitale che quelle forze immettono nella compagine del corpo sociale. Non sta alla Direzione dell’Asl decidere se è vero o falso il discorso sulla vita eterna che la nivea suorina suggerisce al malato terminale. Sta alla Direzione dell’Asl recepire ed esaltare il quantum di conforto, e cioè di vita, che quel discorso comporta. ‘Laicismo’ nelle questioni che riguardano le leggi e le istituzioni è la pregiudiziale chiusura ad ogni discorso che non sia quello della maggioranza silenziosa, vera o presunta. In nome di una povera ‘tolleranza’, che riduce la convivenza umana a grigia melassa in cui ogni vacca, bianca o nera che sia, diventa grigia. Simone Weil nel 1943, poco prima di morire di tisi, a chi le chiedeva qualche idea per la ricostruzione della Francia, lei, così rigorosamente laica, lei che s’era sempre impegnata allo spasimo nell’azione politica più diretta, rispondeva: l’Europa è stata distrutta (prima che dagli eserciti) dall’idolatria del partito o della razza o della nazione; prima di ogni altra cosa bisogna dunque recuperare una visione della vita sociale radicata nell’orientamento al bene assoluto, che abita nell’uomo ma al tempo stesso proviene da una realtà situata al di fuori del mondo, e dalla quale discende ogni bene, ogni bellezza, ogni verità, ogni giustizia, ogni legittimità, ogni ordine, ogni subordinazione della condotta umana a degli obblighi; solo nella misura in cui in ogni membro del corpo sociale opera il consenso verso tale realtà superiore è possibile stimare ogni uomo, senza eccezioni, come sacro.