“Questi è il figlio mio”

“Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate”, garantisce il Signore ad Abramo.

Prima lettura

Il brano della Prima Lettura di questa II Domenica di Quaresima è tratto dal noto capitolo 15 della Genesi dove è descritto il momento in cui Dio rinnova ad Abramo la promessa del dono di un figlio e stabilisce con lui un’alleanza eterna.

La parte di capitolo che ci riguarda riporta la richiesta di Abramo di avere riscontri in merito alle promesse divine e allora il Signore conduce “fuori” Abramo e lo invita a guardare il cielo e a contare le stelle (che solo il Signore può calcolare! Sal 147,4) e in Abramo non c’è nessuna esitazione, tanto che è detto: “credette al Signore”.

Segue quindi la particolare cerimonia sacrificale dell’alleanza: Abramo è invitato a prendere 5 animali che poi divide in due lasciando le due parti una di fronte all’altra. Questo macabro rito era in uso nel Vicino Oriente Antico per favorire la stipula dei patti tra popoli: se una delle due parti contravveniva agli accordi, avrebbe fatto la fine di quegli animali (Iscrizione di Sefire)!

Ma in realtà -e qui sta la grande differenza!- in questo caso a passare in mezzo agli animali è soltanto uno dei due contraenti: il Signore (“fiaccola ardente”). Solo il Signore garantisce per l’alleanza con Abramo, solo Lui accoglie in Sé gli obblighi ed Abramo sarà ‘semplicemente’ il destinatario del dono della discendenza e della terra.

Salmo

Alla I Lettura rispondiamo con il Salmo 26 (27) che non a caso è uno dei Salmi che più di tutti esprime il tema della fiducia nel Signore ‘identificato’ con la luce, la salvezza e la difesa. La Liturgia ci permette di apprezzarne il motivo più alto che il Salmo trasmette: la ricerca del volto del Signore. Nell’AT il volto è il riflesso del cuore di una persona e, relativamente al Signore indica il godimento del Suo amore dal quale il credente attinge “fortezza” e “speranza”.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA
Libro della Genesi 15,5-12.17-18

SALMO RESPONSORIALE
Salmo 26

SECONDA LETTURA
Lettera di Paolo ai Filippesi 3,17-4,1

VANGELO
Vangelo di Luca 9,28b-36

Seconda lettura

La pagina della Lettera ai Filippesi ci presenta il passaggio in cui, dopo aver invitato i destinatari a rifiutare i cattivi esempi, Paolo suggerisce piuttosto di imitare il suo di esempio! Ma è opportuno specificare. L’indole alla ‘imitazione’ era propria dei modelli educativi greco-romani e anche giudaici, per cui la dottrina espressa dal maestro doveva essere accolta e applicata fedelmente dai discepoli nelle circostanze della vita.

Ma ciò che suggerisce l’apostolo Paolo è l’imitazione di lui che in realtà si riferisce al ‘modello’ Gesù Cristo, a Colui che solo può trasfigurare il corpo dei credenti per “conformarlo al suo corpo glorioso”.

Quindi Paolo invita a rimanere “saldi nel Signore”, invito che – unico in tutti i suoi scritti – arricchisce di un elenco di ben cinque titoli affettuosi rivolti ai destinatari: “amati, desiderati, gioia, corona e (di nuovo) amati”.

Vangelo

L’ Evangelista Luca ci presenta l’evento della Trasfigurazione: dopo la professione di fede in cui Pietro ha riconosciuto in Gesù il ‘Cristo di Dio’ (v. 20) e l’annuncio della Passione, Gesù mostra la gloria che lo caratterizzerà, ma per l’appunto dopo aver vissuto il sacrificio della Croce.

Gesù prende Pietro Giovanni e Giacomo e sale sul monte “a pregare”. Nessuno degli evangelisti specifica la località, ma la tradizione cristiana la identifica con un ‘monte’ distante meno di 20 km da Nazaret.

Ebbene su questo monte, secondo la narrazione di Luca, si evidenzia la potenza della preghiera nonché la sua azione trasfigurante sull’Orante per cui “il suo volto cambiò di aspetto”. E tutti i presenti vengono coinvolti dalla scena teofanica caratterizzata dal colore bianco sfolgorante che rimanda appunto alla divinità (Dn 7,9.13), dalla nube che è la presenza divina (Es 19,9) e dalla voce che ricorda il timore che incute la manifestazione divina.

Sopraggiungono Mosè ed Elia a conversare con Gesù circa l’“esodo che stava per compiersi a Gerusalemme” perché la ‘trasfigurazione’ addita il futuro glorioso di Gesù, ma anche conferma il presente che è l’entrata di Gesù a Gerusalemme con tutto ciò che ne consegue. Al termine Luca informa che “restò Gesù solo”: non c’è più né Mosè né Elia, è solo Lui ormai da ‘ascoltare’, Lui è il Cristo. E i tre privilegiati apostoli “in quei giorni non riferirono a nessuno”.

Come può essere espresso un così intenso momento di preghiera?

Chi avrebbe creduto loro? Eppure la storia che Dio fa con gli uomini è anche caratterizzata da eventi straordinari. Abramo, condotto “fuori”, assiste all’iniziativa divina, così gli Apostoli condotti da Gesù sul monte vivono il glorioso intervento del Padre. Su quel monte, in quel mistico contesto, il motivo conduttore è l’imminente morte di Gesù che sigilla l’alleanza eterna con tutti gli uomini e non più con uno solo.

Pensiamo allo sconcerto misto a speranza vissuto dai tre Apostoli tormentati allo stesso tempo dal pensiero della morte e da quello della gloria. Soprattutto constatiamo che la visione di Cristo risorto e glorioso ha suscitato in essi la disponibilità al martirio! E questa disponibilità è stata certamente preceduta da momenti in cui si sono lasciati condurre “fuori” per vivere l’esperienza trasfigurante e incoraggiante della preghiera …

Giuseppina Bruscolotti