In parrocchia, dopo cena. Stiamo leggendo e commentando la traccia ideale che ci hanno messo in mano in vista del V Convegno della Chiesa italiana, a Firenze, con a tema il motto “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Il frutto, ancorché essiccato, della nostra modesta riflessione confluirà – con quello delle altre parrocchie – alla Segreteria diocesana del Convegno, che farà sintesi e ne invierà il risultato alla Segreteria nazionale.
Siamo solo in quattro. Ma “quando due o tre sono saranno riuniti nel mio nome…”. E allora, anche stasera il “numero legale” c’è. Andiamo avanti. Riflettiamo, tossicchiamo. A me pare evidente che da tempo avremmo dovuto digerire i contenuti innovativi del Concilio, e non l’abbiamo fatto. Non c’è stata quella ruminatio che gli antichi maestri di spirito ritenevano indispensabile per assimilare davvero la Parola di Dio e i suoi derivati, ingeriti spesso con pericolosa facilità. Credo che proprio a questo ci chiami il Giubileo indetto da Papa Francesco per l’8 dicembre di quest’anno, alla scadenza dei 50 anni dalla fine del Concilio.
“Non venite a Roma” ci dice Papa Bergoglio, e su questo invito pesa un po’ il timore che, se a Roma andassimo in tanti, per tenere ancora delle udienze generali sarebbe necessario abbattere il colonnato del Bernini; ma pesa soprattutto la sofferenza del Papa per un dono assolutamente eccezionale che Cristo ha fatto alla sua Chiesa, e che non poche componenti della sua Chiesa hanno recepito poco e male, esaltandone aspetti non essenziali e ignorandone il nucleo rovente.
Amarognolo il ricordo di quanto è successo oggi. Al centro di un’ora di adorazione eucaristica alla quale partecipavo, avevo proposto di utilizzare alcune delle splendide “intercessioni dopo la consacrazione” che recita il celebrante quando ha scelto una della quattro variabili della Preghiera eucaristica V . E mi sono accorto che non le conosceva nessuno! “Cioè?” chiede uno di noi quattro gatti, uno dei migliori. “Potresti farne un esempio?”. Certo! Eccolo: “La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, affinché tutti gli uomini possano aprirsi alla speranza di un mondo nuovo”.
E lui: “Fermi tutti, questa me la scrivo”. È un medico che solo un frattura scomposta ad ambedue le gambe autorizzerebbe a saltare la messa domenicale. “Questa me la segno”, e dà di piglio al suo libriccino d’appunti. Nelle parole che ho citato è concentrata tutta la novità valoriale della Chiesa del Concilio e tutta la novità del rapporto che essa vuole avere col mondo. Ma lui, il bravissimo cristiano, non l’ha mai udita. Ha ragione Papa Francesco: serve davvero un anno giubilare di nuovo conio, interamente impegnato a riprendere e a ruminare. Ci riusciremo? Dobbiamo riuscirci!