Un gruppo di sei giovani missionari, accompagnati da don Marco Briziarelli, è stato dal 14 settembre al 5 ottobre nella diocesi di Zomba, gemellata con Perugia, per un’esperienza promossa dalla Pastorale Giovanile diocesana e dall’associazione onlus Amici del Malawi che gestisce la missione stessa. Don Marco e Maria Serena Baldoni descrivono la realtà e l’esperienza vissuta immaginando che a raccontarla sia una donna del villaggio nel quale sono stati accolti.
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Zomba, sono le 5.30 di mattina, un nuovo giorno ha inizio: ringrazio Dio per avermelo donato. Avrò 12 ore di sole e 12 ore di buio, ma il tempo sarà scandito solo dai colori che il sole mi dona! Salgo subito al monte, affastello la legna, la carico in equilibrio sulla testa e inizio la discesa. Posso caricarne fino a 80 kg. Le strade secondarie sono impervie, sulla grande strada c’è la polizia che tassa la legna: non ce lo possiamo permettere, ma il fuoco serve per cucinare almeno un pasto ai nostri figli, o per cuocere mattoni, altrimenti le case sarebbero solo di fango e canne.
Scendono con me uomini e ragazzini con tronchi interi di alberi. Ogni tanto vediamo lungo la strada dei bianchi, spesso giovani missionari, che hanno deciso di intraprendere un lungo viaggio per donarci un po’ della loro esperienza. Arrivano in punta di piedi rispettando la nostra cultura così lontana dalla loro. Spesso – ci raccontano – ricevono da noi l’aiuto per vivere una vita in maniera più piena.
Le loro visite non ci fanno sentire soli, per noi è davvero una felicità renderli partecipi della nostra quotidianità fatta di saluti sorridenti, danze, buon cibo, una natura colorata e profumata. Il sorriso non mi manca mai verso questi giovani venuti da lontano. Percepisco che il loro desiderio è forse anche quello di salvarci da ciò che per loro può sembrare un niente. Il loro aiuto è molto concreto.
Arrivano con pacchi carichi di vestiti, per noi e per i nostri figli, di medicine, di cibo. Condividono con noi giornate di lavoro per migliorare le nostre condizioni di vita soprattutto quelle sanitarie. Ogni settimana dal Solomeo Pirimiti Hospital la clinica mobile ci raggiunge nei villaggi per il controllo-peso dei nostri bimbi e per le vaccinazioni.
Il nostro mondo, già così pieno di colori, si riempie di quelli con cui i missionari rallegrano i luoghi dove condividiamo la vita. Così la sala parto, dove ho dato alla luce i miei figli, è abbellita dai loro disegni e da parole di ringraziamento. Zikomo campeggia sulle pareti. È il “grazie” che noi rivolgiamo al loro essersi voluti “scomodare” per un incontro con un Altro che a molti fa paura, ed è il “grazie” che loro rivolgono a noi per averli resi partecipi della nostra vita, più essenziale della loro, ma per questo celebrata con sentimento.
Quello che noi cerchiamo di trasmettere a chi si accosta a noi è la bellezza della relazione e della condivisione. Non importa quanto produciamo in un giorno, l’importante è farlo con cuore grato. I miei figli hanno la fortuna di frequentare gli asili e le scuole che i nostri amici missionari si preoccupano di sostenere da vicino e da lontano: le strutture sono sempre pulite e colorate.
Le classi sono numerose e, grazie alla generosità di tanti, a tutti i bimbi viene assicurato un appetitoso e nutriente pasto caldo. Molti di loro sono orfani di un genitore e percorrono da soli, a piedi o in bicicletta (il nostro mezzo di trasporto più diffuso) le strade polverose. Sono socievoli, i nostri bambini, curiosi, felici di incontrare questi giovani. Questo stupisce e interroga i missionari, che forse si aspettavano di trovare una sofferenza gridata ma si trovano davanti “solo” dei sorrisi da dover custodire.
Mentre i miei figli sono a scuola posso frequentare il corso di cucito al Politecnico di Thondwe dove riesco ad apprendere un mestiere che forse riuscirà a far studiare i miei bambini alle scuole secondarie e magari all’Università di Lilongwe. Al Politecnico ci sono corsi per carpentieri, agricoltori e falegnami.
L’anno scorso, dopo due anni di buon raccolto, in primavera una pioggia fortissima ha spazzato via tutto. Qualcuno di noi vive ancora in tenda perché non è riuscito a ricostruire la propria casa. Questo però non ci impedisce di ringraziare il Signore per quanto ci dà da vivere.
Ai miei figli auguro di mantenere la solarità e la gratuità che questa vita, dove niente è scontato e tutto è dono, gli ha insegnato. Chiedo a questi giovani missionari di custodire con amore quanto visto e di raccontarlo ai loro amici, perché un giorno si possa vivere senza troppe disuguaglianze ma con un unico cuore rivolto al Bene.