Una mattinata è stata dedicata alla spiritualità della città, nell’ambito del seminario estivo organizzato a luglio dall’associazione dei cattolici democratici “Agire politicamente” a Massa Martana sul tema “Educare la democrazia. Costruire e abitare la città”, come proposto dal coordinatore nazionale Lino Prenna.
Ampia e profonda la riflessione che sul tema della ricerca di “Una spiritualità della città” ha offerto il teologo domenicano Alessandro Cortesi. Evocando l’espressione del vangelo di Giovanni: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8), Cortesi ha osservato come ci sia un soffio, uno Spirito da ascoltare nella dimensione della natura e nel cammino della storia. E per la città ha indicato quattro linee di spiritualità, che sembrano oggi più importanti per rimanere “in ascolto dello Spirito”, sia per il credente che per chi desidera “vivere la spiritualità come ricerca umana per divenire e restare umani”.
Una prima linea è una spiritualità dell’attenzione e dell’ascolto. Del ritrovarsi, del riconoscersi contro lo spaesamento, che è la solitudine dell’individuo globale. Declinando, c’è anche un ascolto della storia per una memoria da preservare (non possiamo, ad esempio, all’interno della storia d’Europa e mondiale dimenticare quello che è stato Auschwitz o come è nata la Costituzione italiana). Si tratta, quindi, della strategia dell’attenzione, del guardare l’altro e dell’ascolto della sua storia.
Una seconda linea, che può collegarsi alla prima, è quella della spiritualità della cura. “La cura per essere presenti nelle linee di frattura della storia” a partire dalle periferie, laddove le fratture sono più presenti, dove mancano i servizi essenziali e dove si può sperimentare il senso dell’apertura all’altro, che è il più debole, colui che soffre nella città.
La terza linea è quella della spiritualità dell’ospitalità (un aspetto centrale della vita di Gesù). Si tratta di ripensare non solo il dare ma anche il ricevere ospitalità, mettendoci nell’attitudine di chi riceve qualche cosa dall’altro. Una capacità, oggi, di ospitalità di chi si pone in termini di riconoscere quello che ha da accogliere da questa storia, da questi movimenti di persone in cui s’intersecano popoli diversi, lingue diverse, culture diverse. Una spiritualità in cui si riconosce la diversità e quindi la fatica di andare oltre la diversità, di non rimanere “nell’incomunicabilità del non tradurre”.
L’ultima linea della spiritualità della città è quella dell’oltre, cioè della speranza di cui oggi in particolare c’è bisogno: oltre il consumo, una spiritualità del limite; oltre l’iniquità, una spiritualità di critica all’iniquità; oltre l’individuo separato, solitario, una spiritualità della politica, che vuol dire un’attenzione ai beni comuni, a quell’oltre che sono coloro che verranno, le generazioni future, i più giovani, quelli che ancora non ci sono; oltre la dittatura dell’economia finanziaria, la dimensione dell’attenzione al lavoro, all’opera dell’umanità, degli uomini e delle donne.
Sono tutte linee che non costituiscono soluzioni, ricette, ma orizzonti di fondo, ha precisato alla fine padre Alessandro.