Proiettati nel futuro di Gesù

Il discorso rivolto ai giovani dall’assistente nazionale di Azione cattolica, mons. Domenico Sigalini
Mons. Domenico Sigalini durante l’incontro nella sala del palazzo del Popolo
Mons. Domenico Sigalini durante l’incontro nella sala del palazzo del Popolo

“Confido nel rock”: l’ultima provocazione per i giovani umbri è arrivata direttamente da mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente nazionale dell’Azione cattolica. “Sulle magliette – ha detto – non si scrive un messaggio di fede, ma un messaggio di moda. Però domandiamoci se siamo capaci di far capire che la nostra fede è qualcosa di grande e non un’abitudine forzata. Ci manca sicuramente la fede di Gesù. Siamo cristiani capaci di visioni di futuro, o ‘vendiamo’ anche noi degli adattamenti? Abbiamo già sepolto la fede nelle abitudini, oggi non più sufficienti?”. Domande che trovano risposta in quel “mi fido di Te che dona un colpo d’ala alla nostra esistenza e che ci offre la possibilità di affidarci a un Padre e di vivere una fratellanza più forte di ogni legame. E ci permette di resistere allo sconforto e alle delusioni del male”.

“Di fronte a tutto quello che capita nel mondo – ha aggiunto mons. Sigalini – o che ti capita nella vita, fai fatica a credere, ad affidarti a Dio, a percepire un mondo altro in cui collocare le tue prospettive. Spesso è il male che ti sembra imporsi su tutto, altre volte sei coinvolto nel dolore di un innocente e ti domandi: perché? Come mai? Che colpa ne ha? Quasi che il dolore sia causato da una colpa…”.

Già gli apostoli…

“Gli apostoli – ha proseguito – erano in una situazione simile. Vedevano che tutti i conti non tornavano ai loro pensieri preoccupati. Sapevano di aver posto fiducia in Dio, ma spesso sembrava loro più una fatica, un azzardo, un ostacolo alle loro visioni fin troppo semplificate, e si sentono in dovere di chiedere aiuto a Gesù.

La domanda è maldestra: ‘Aumenta la nostra fede’, quasi che la fede si possa comperare a chili, si possa leggere con criteri di quantità. Invece Gesù li aiuta a fare un salto di qualità. Se è fede vera, ne basta un granellino di senapa. La fiducia in Dio, l’abbandono a Lui non è da pesare o da quantificare, ma è una dimensione profonda della vita, è un modo diverso di vivere, di fare riferimento a Lui, di affidarsi. Non dipende da studi approfonditi, anche se ha bisogno di essere continuamente messa a confronto con tutte le pulsioni della vita, anche intellettiva. Non cresce in base alle nostre qualità o alle nostre proprietà, non è in vendita. È un dono di Dio e, come tale, è sempre pieno e definito”.

Il sentimento di domanda

“Quante volte i giovani – ha detto ancora mons. Sigalini – si trovano a esprimere sentimenti di ammirazione, di gratitudine, di gioia: ti accorgi di cantare, di esprimere in musica i sentimenti del cuore, e li vuoi rivolgere a qualcuno… Ancora molti giovani scrivono sui muri l’amore per la ragazza, molti mandano sms per dire ‘ti amo, tvtb, mi manchi tanto’. Questi sentimenti un cristiano li rivolge anche a Dio e li chiama preghiera. E lode, stupore, ringraziamento per la vita, per i doni che abbiamo, per l’amore che proviamo e che ci viene regalato.

C’è un altro sentimento però che forse si vuol esprimere con più intensità e frequenza: la domanda. Siamo bisognosi, siamo angosciati, ci sentiamo incapaci e allora chiediamo. Abbiamo bisogno di qualcuno cui affidare i nostri progetti, i nostri sogni. Domandiamo a Dio di venire in nostro aiuto. Abramo addirittura contrattava con Dio, lottava con lui per strappare benevolenza”.

Quindi un particolare ricordo personale: “Un giorno, alla fine di un dialogo in carcere con un musulmano gli dissi: ‘Prega Allah anche per me’. Quello, dimostrandosi un poco offeso, mi rispose: ‘Io non prego Allah per te, perché sarebbe come affermare che Lui, il Sommo, non conosce ciò di cui tu hai bisogno’.

È proprio vero. Dio conosce tutta la nostra vita, sa la nostra sete di bontà, di felicità, di Lui. Siamo noi invece che dobbiamo convincerci di aver bisogno di Lui; di dirci con convinzione, sempre, che Lui è il centro della nostra vita. Siamo noi che dobbiamo convincerci della necessità delle grazie che chiediamo. La domanda a Dio non è del tipo: le ho tentate tutte, vediamo anche questa. Ma nasce da una fede limpida, da una certezza: in Dio sta la mia esistenza e la bellezza di quello che chiedo”.

Perché si perde la fede

“Gesù – ha ricordato il vescovo – dovette fare tante volte i conti con un popolo che non si affidava completamente a Dio; che si lasciava dominare dalla paura, che credeva di essere autosufficiente, ma che sperimentava fallimento. Come Pietro, che ha paura di affondare in quell’acqua su cui aveva osato chiedere a Gesù di camminare.

Noi la fede la perdiamo per molto meno: per ragioni di convenienza sociale, per mancanza di coraggio anche tra amici, per non apparire bigotti, per una ribellione su come va il mondo – e ne diamo la colpa a Dio, perché vogliamo sfruttare ogni momento della vita anche a danno di altri -; per far tacere il rimorso che ci tormenta per i nostri comportamenti fuori di testa, oppure perché siamo stati convinti da qualche nostro studio cosiddetto scientifico.

La perdiamo perché crediamo che non si possa comporre con la scienza, con la ricerca, con le scoperte moderne. Se sei all’università, magari alla facoltà di Fisica o Matematica, come fai a credere ancora alla creazione, a un Dio che ci salva?

Le scienze purtroppo, anziché aiutare l’uomo a sentirsi molto limitato, lo insuperbiscono e gli fanno credere di conoscere il segreto della natura. Ringrazierò sempre i miei professori dell’università statale di Matematica di Milano (in anni non sospetti: era il mitico ’68!), che mi hanno sempre tenuto la porta aperta, con rigore scientifico, a tutte le scelte possibili.

Niente di più antiscientifico che la scienza neghi la fede. Eppure la mentalità corrente è questa, e abbocchi a qualche pagina di internt che ti propone lo ‘sbattezzo’.

La fede è invece un grande dono di Dio, che dà un colpo d’ala alla nostra esistenza, che ci offre la possibilità di affidarci a un Padre, di vivere una fratellanza più forte di ogni legame parentale, di stanare dalle nostre povere vite energie impensate di bontà, di generosità, di altruismo. di cambiamento, di resistenza allo sconforto e alla delusione che provoca il male nel mondo.

Ma soprattutto, ci permette di inscrivere i nostri giorni in un futuro di pienezza, il Futuro di Gesù”.

L’intervento

Mons. Domenico Sigalini, assistente generale dell’Azione cattolica, ha aperto i lavori la mattina di domenica 7 aprile. Il suo intervento ruotava attorno al senso del “credere” oggi, in particolare in riferimento al mondo giovanile e all’attività pastorale che lo accompagna. In conclusione, la messa presieduta da mons. Boccardo.

Se vuoi puoi scaricare la versione integrale dell’intervento di Mons. Domenico Sigalini. Clicca qui.