Le Chiese umbre, attraverso le Caritas e altri suoi organismi caritativi, nell’adottare il Vademecum sull’accoglienza dei profughi che la Cei ha comunicato alle diocesi il 13 ottobre si stanno prodigando per ospitare con dignità le persone costrette alla fuga dai Paesi di origine a causa di guerre, violenze, ingiustizie e fame. Arrivano in Europa chiedendo accoglienza, ma 2.987 di loro, nei soli primi nove mesi del 2015, hanno perso la vita nel Mediterraneo, pari a circa i tre quarti dei 4.093 migranti morti in tutto il mondo nello stesso periodo (dati Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni, ndr). Sono cifre che non possono non scuotere le coscienze, in particolare dei nostri governanti affinché adottino misure per evitare nuove carneficine”. È il commento di Daniela Monni, direttore della Caritas di Perugia – Città della Pieve, che si unisce a quello di Giorgio Pallucco, delegato Caritas regionale, nel ricordare quanto si sta facendo in Umbria, e non solo a livello ecclesiale.
Basti pensare che i profughi/migranti accolti sono quasi 1.600 con una quota massima di circa 2.000 persone (assegnata dal ministero dell’Interno all’Umbria, dato settembre 2015). Diversi di loro rientrano in progetti come lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che alcune Caritas diocesane, come quella di Terni-Narni-Amelia, gestiscono in collaborazione con l’Arci. Attualmente nelle strutture ecclesiali sono ospitati 300 migranti, la cui disponibilità complessiva è di 506 persone (incluse le 231 del progetto Sprar). “Nel contempo – afferma Pallucco – le Caritas diocesane si stanno impegnando a raccogliere le disponibilità offerte da parrocchie, monasteri, istituti religiosi e santuari che hanno la possibilità di offrire vitto e alloggio”. E questo, evidenzia il delegato Caritas Umbria, “deve avvenire seguendo le indicazioni del Vademecum della Cei, che raccomanda alloggi dignitosi e nel rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza e igiene, e con coperture assicurative per la responsabilità civile”.
L’ospitalità offerta dalla Chiesa ai profughi, “secondo quanto evidenzia il Vademecum – cita Pallucco – è ‘un gesto concreto e gratuito, un servizio, segno di accoglienza che si affianca ai molti altri a favore dei poveri (disoccupati, famiglie in difficoltà, anziani soli, minori non accompagnati, diversamente abili, vittime di tratta, senza dimora…) presenti nelle nostre Chiese: un supplemento di umanità, anche per vincere la paura e i pregiudizi’”.
In Italia, nei primi nove mesi del 2015, su circa 95 mila migranti ospitati nei diversi Centri di accoglienza ordinari (Cara) e straordinari (Cas), nonché attraverso gli Sprar, hanno trovato ospitalità ben 22 mila di loro, di cui 8.000 in conventi, santuari e seminari, e in generale in 1.600 strutture, soprattutto centri di accoglienza di piccole dimensioni gestisti da Caritas, Migrantes e altri enti collegati.
Quest’ospitalità, secondo la Fondazione Migrantes, è più che raddoppiata rispetto allo scorso anno (10 mila persone nei primi nove mesi del 2014). Come sostiene il suo direttore, mons. Giancarlo Perego, “dopo l’ultimo appello del Papa abbiamo verificato che risultano accolte nelle parrocchie italiane 2.500 persone, e centinaia di parrocchie stanno dando disponibilità all’accoglienza”. Da tenere presente che in Italia sono 27 mila le parrocchie potenzialmente interessate all’accoglienza dei profughi. Mentre in Europa, secondo il presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, card. Antonio Maria Vegliò, “se tutte le parrocchie europee (120 mila, ndr) aprissero le porte, almeno 600 mila migranti potrebbero essere accolti”.
Riccardo Liguori