La Festa dei lavoratori è un’occasione per rafforzare il senso di appartenenza, e anche un momento di gioia: pensiamo al concertone in piazza San Giovanni a Roma. Ma i problemi sono pesanti, e non solo dal punto di vista economico.
Dal dramma delle morti sul lavoro alla cultura della cura è il sottotitolo del messaggio della Cei (Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace) per il Primo maggio, che va a contestualizzare meglio il titolo: La vera ricchezza sono le persone.
“Le conseguenze della crisi economica – scrivono i Vescovi italiani – gravano sulle spalle dei giovani, delle donne, dei disoccupati, dei precari, in un contesto in cui alle difficoltà strutturali si aggiunge un peggioramento della qualità del lavoro… Il nostro primo pensiero va a chi ha perso la vita nel compimento di una professione che costituiva il suo impegno quotidiano, l’espressione della sua dignità e della sua creatività, e anche alle famiglie che non hanno visto far ritorno a casa chi, con il proprio lavoro, le sosteneva amorevolmente. Così come non possono essere dimenticati tutti coloro che sono rimasti all’improvviso disoccupati e, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita”.
Dopo l’introduzione, alle “contraddizioni del momento presente” è dedicata la prima parte del testo. “Un Paese che cerca di risalire positivamente la china della crisi non può fondare la propria crescita economica sul quotidiano sacrificio di vite umane. Lo scenario che abbiamo davanti è drammatico: nel 2021 sono stati 1.221 i morti (dati Inail), cui si aggiungono quelli ‘ignoti’ perché avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero”.
Il panorama globale è però tragico su numerosi versanti: “Il grido di questi nuovi poveri sale da un ampio scenario di umanità dove sussiste una violenza di natura economica, psicologica e fisica in cui le vittime sono soprattutto gli immigrati, lavoratori invisibili e privi di tutele, e le donne, ostaggi di un sistema che disincentiva la maternità e ‘punisce’ la gravidanza col licenziamento”.
Pur senza nominarle espressamente, emergono sullo sfondo le multinazionali: “La crescente precarizzazione costringe molti lavoratori a cambiare spesso mansione, contesto lavorativo e procedure, esponendoli a maggiori rischi. Spesso, inoltre, le mansioni più pericolose sono affidate a cooperative di servizi, con personale mal retribuito, poco formato, assunto con contratti di breve durata, costretto ad operare con ritmi e carichi di lavoro inadeguati”.
La seconda parte del messaggio chiede quindi “responsabilità condivise per una cura della salute del lavoratore”. Da una parte c’è “il valore soggettivo e personale del lavoro, quello che è definito capitale umano”. Dall’altra, deve “la complementarietà tra lavoro e capitale, che supera una antica antinomia attraverso sistemi economici dal volto umano”. Con una finezza, qui non si parla di “capitalismo dal volto umano”, che resta una chimera, bensì di “sistemi economici” di tipo nuovo. Probabilmente si pensa all’economia di comunione (promossa soprattutto dal movimento dei Focolari) e altri modelli alternativi, sviluppati in ambito cattolico anche tramite le ampie iniziative della Economy of Francesco.
In conclusione, “la complessità delle cause e degli eventi richiede un approccio integrale da parte di tutti i soggetti in campo: vanno realizzati interventi di sistema sia a carattere statale, sia a livello aziendale. È fondamentale investire sulla ricerca e sulle nuove tecnologie, sulla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma anche inserire nei programmi scolastici e di formazione professionale la disciplina relativa alla salute e alla sicurezza nel lavoro”.