Preti pedofili: tante accuse distorcono volutamente i fatti

Il video 'Sex crimes and the Vatican' - propagandato da Santoro - non è un documentario ma un film a tema, dove fatti veri si mischiano a menzogne per dare un ritratto falso della Chiesa. Le repl

‘Il Vaticano copre i pedofili’ è la tesi shock del film Sex crimes and the Vatican, mandato in onda dalla tv inglese Bbc nell’ottobre 2006. Attenzione: film, non documentario, anche se è stato realizzato in modo da ‘sembrare’ un documentario. A portare in Italia le polemiche scatenate oltremanica da quella trasmissione della Bbc è stato Michele Santoro, sicuramente nella speranza di pescare un po’ nel torbido. Ma c’è qualcosa di vero, nelle accuse mosse dal film alle gerarchie cattoliche? ‘Sgombriamo il campo da possibili equivoci – dice Andrea Fagioli su Toscana Oggi -: certi fatti di cui parla il video sono stati accertati, e alcuni dei responsabili dei crimini nei confronti di minori sono stati giustamente condannati. Detto questo, precisiamo che Sex crimes and the Vatican non è un documentario ma un film. E come tutti i film, ha un protagonista e una storia destinati a esprimere un’idea: quella del suo autore o dei suoi autori’. Insomma, un’opera ‘a tesi’, che vuole trovare a ogni costo un colpevole sotto la cupola di San Pietro. E lo trova, come dimostra la scena del film in cui lo speaker afferma: ‘Invece di denunciare O’Grady (un prete pedofilo, ndr) la Chiesa lo protesse, nascondendolo alle autorità… In ossequio alle direttive segrete della Chiesa cattolica, misero tutto a tacere. Responsabile di quella imposizione fu il cardinale Joseph Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI’. Parole terrificanti… Ma è così? Esistono davvero direttive segrete di questo tipo? Ed emanate da Ratzinger?Monsignor Andrea Drigani, esperto in Diritto canonico, scuote la testa: ‘La segretezza è indispensabile per tutelare vittime e indagato’. Quanto al documento incriminato, venne scritto nel 1962. ‘È vero che non comparve sugli Acta Apostolicae Sedis – dice – , ma fu pubblicato a parte in un volumetto a parte. Quindi non era un documento segreto. Quanto alla segretezza nelle indagini, è fondamentale, perché non è la prima volta che ci sono state delle calunnie. È vero che può essere un’arma a doppio taglio, però ha la sua ragion d’essere: siamo in una materia molto delicata. Serve per la tutela dell’indagato, quindi per difendere la sua buona fama, e per impedire l’inquinamento delle prove’. E Ratzinger che cosa c’entrava? ‘Nulla, perché nel 1962 era un semplice professore di teologia in Germania’. In definitiva, un documento che stabiliva le procedure da seguire nei processi canonici, con la riduzione allo stato laicale dei preti colpevoli di pedofilia, e che richiedeva la segretezza del procedimento, viene dipinto come un mezzo per ‘nascondere’ gli scandali e proteggere i sacerdoti. L’argomento, che rimane scottante anche per alcune recenti vicende italiane, è tornato in una conferenza stampa della 57a assemblea generale della Cei, appena conclusa in Vaticano. In quest’occasione il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, ha ribadito: ‘La Chiesa nel suo insieme non può essere colpevole di un reato commesso da una singola persona. Ciò non significa che siamo distanti dalle vittime e dalle loro famiglie, né che rimaniamo inerti per la prevenzione di questi crimini, o non indichiamo ai vescovi di perseguire i sacerdoti incorsi in crimini così gravi’. La legislazione canonica, ha ricordato Betori, comporta infatti l’estromissione dallo stato clericale per i preti colpevoli di simili reati. Sul tema è intervenuto anche don Fortunato Di Noto, fondatore di ‘Meter’, associazione impegnata da anni nella lotta alla pedofilia. Di Noto ha accusato la ‘perversa strategia culturale, in cui i casi di pedofilia di alcuni preti diventano il pretesto per aggredire e infangare la Chiesa. Non hanno fondamento – aggiunge – i tentativi di diffondere nell’opinione pubblica il convincimento che la Chiesa copra i reati di pedofilia al proprio interno, senza adoperarsi in alcun modo per combatterli’. Un esempio di impegno è proprio Meter (www. associazionemeter.it), che si avvale anche del sussidio della Cei. ‘Sosteniamo le vittime ai processi e forniamo assistenza legale gratuita’. Meter si occupa anche di pedopornografia su Internet. ‘Dal 1995 ad oggi – fa sapere don Di Noto – Meter ha denunciato 165mila portali pedopornografici in tutto il mondo’. E quando ad abusare di un minore è un rappresentante della Chiesa, come don Dessì, condannato a 12 anni di reclusione? ‘Si tratta – risponde – di un crimine orrendo, che va stigmatizzato senza riserve, ma sono percentuali minime, che non dovrebbero far dimenticare la stragrande maggioranza di sacerdoti e religiosi impegnata con dedizione per il bene dei giovani’. D’altro canto, sottolinea, ‘in 15 anni di attività ho seguito solo tre casi di questo tipo, rivelatisi in seguito come false accuse’. Insomma, per il fondatore di Meter, ‘la Chiesa è testimonianza quotidiana di impegno chiaro e determinato contro la pedofilia’, anche se ciò ‘viene rimosso strumentalmente da chi ha interesse a gettarle addosso ombre e sospetti’.

AUTORE: (D. R.)