Il neo presidente della Repubblica, si dice, è tale solo per metà, perché una metà dei votanti sta dalla parte che non l’ha votato. Si dice anche che lui è persona così ricca di esperienza istituzionale, di senso dello Stato e di esperienza politica che sarà certamente il rappresentante di tutti e arbitro imparziale al di sopra delle parti e di ciò saprà convincere i dubbiosi. Intanto si va facendo strada nelle conversazioni, che si protrarranno in questi giorni in tutti gli organi d’informazione, l’idea che la scelta, pur essendo fatta da una parte politica soltanto, è una scelta opportuna trattandosi di un personaggio che gode la stima anche degli oppositori politici (Bondi). Si potrebbe concludere, per mettere il punto e andare a capo, che il metodo nella ricerca di un candidato condiviso è stato sbagliato dal centro sinistra perché ha presentato un solo nome, ma almeno che la persona scelta non è sbagliata a detta di quasi tutti. Sarebbe stato logico ed opportuno che le delegazioni dell’una e dell’altra parte si fossero incontrate in tempo ed avessero concordato la scelta di un personaggio o di una rosa di personaggi da proporre alla votazione di tutti i grandi elettori. Naturalmente molti cattolici avrebbero preferito un diverso personaggio, preferibilmente di fede cattolica e Marco Tarquinio, giornalista umbro che ha percorso i primi passi della professione nella nostra redazione de La Voce, ha lanciato su Avvenire la candidatura di Mario Monti, un economista di grande levatura politica e morale e di prestigio internazionale. Purtroppo, però, la politica è l’arte del possibile e non del perfetto. Ci si deve rassegnare a uomini imperfetti, i quali tuttavia, se sono in buona fede, potranno migliorare anche se stessi a contatto con i problemi e le necessità del Paese di cui sono chiamati ad aver cura, soprattutto coinvolgendosi nelle sofferenze e i lutti della della popolazione. A quanti funerali in questi giorni ha dovuto partecipare il presidente Ciampi! E che spirito di solidarietà e umanità ha dovuto esprimere! Anche la gente, al contatto diretto con il Presidente, ed anche con le altre cariche dello Stato, si affeziona e supera le barriere ideologiche reagendo con simpatia. D’altra parte sul Colle nessuno arriva senza esperienze di partito, tranne alcuni tecnici prestati alla politica, che in certi casi poi divengono più politici dei politici di professione. Sandro Pertini, socialista, è risultato molto popolare al di là del partito di riferimento. Talvolta, come nel caso di Cossiga, il partito di riferimento, la Dc, è divenuto l’oggetto privilegiato delle ‘picconate’. Insomma Presidente di tutti non si nasce, si diventa, si può diventare, se c’è quella stoffa umana che induce a immedesimarsi con il popolo, la sua vita, i suoi problemi. Rimane il fatto che Giorgio Napolitano viene dal Partito comunista, quel partito in cui si sono identificati milioni di italiani e contemporaneamente ha marcato di segni indelebili il pensiero e la vita dei suoi più numerosi oppositori che gli hanno impedito di conquistare il potere. Ora, si dice, i tempi sono cambiati, ma le storie sono ancora confuse e intrecciate. Non è bastato fare mutazioni nominali per rendere chiare le posizioni e le scelte. Per il momento sarà utile tenere salde le istituzioni con i rappresentanti che i percorsi politici di questi anni hanno disegnato per l’Italia e lavorare per la concordia e l’unità nazionale.
Presidente di tutti
AUTORE:
Elio Bromuri