Le omelie mattutine di Papa Francesco

Vaticano-Papa-Francesco-presiede-Santa-Messa-CrismaleBrani delle omelie pronunciate da Papa Franecsco alla messa mattutina celebrata a Santa Marta.

venerdì 17 maggio: PECCATORI, SÌ, TUTTI: CORROTTI, NO

Gesù risorto per tre volte chiede a Pietro se lo ama. “E’ un dialogo d’amore, fra il Signore e il suo discepolo”, spiega Papa Francesco che ripercorre la storia degli incontri di Pietro con Gesù. E quando Gesù lo fissa con quello sguardo “tanto bello” – nota il Papa – Pietro piange. “Gesù in questi incontri va come maturando l’anima di Pietro, il cuore di Pietro”, lo matura nell’amore. Così Pietro quando sente che Gesù per tre volte gli chiede: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”, si vergogna, perché si ricorda di quando per tre volte ha detto di non conoscerlo. “Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse ‘Mi vuoi bene?’. Questo dolore, questa vergogna … Un uomo grande, questo Pietro … peccatore, peccatore. Ma il Signore gli fa sentire, a lui e anche a noi, che tutti siamo peccatori. Il problema non è essere peccatori: il problema è non pentirsi del peccato, non avere vergogna di quello che abbiamo fatto. Quello è il problema. E Pietro ha questa vergogna, questa umiltà, no? Il peccato, il peccato di Pietro, è un fatto che con il cuore grande che aveva Pietro, lo porta ad un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono”.
Il Signore non abbandona la sua promessa, quando gli aveva detto “Tu sei pietra”, e ora gli dice: “Pasci il mio gregge” e “consegna il suo gregge ad un peccatore”:
“Ma Pietro era peccatore, ma non corrotto, eh? Peccatori, sì, tutti: corrotti, no. Una volta ho saputo di un prete, un buon parroco che lavorava bene; è stato nominato vescovo, e lui aveva vergogna perché non si sentiva degno, aveva un tormento spirituale. E se n’è andato dal confessore. Il confessore lo ha sentito e gli ha detto: ‘Ma non ti spaventare. Se con quella grossa che ha fatto Pietro, lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!’. E’ che il Signore è così. Il Signore è così. Il Signore ci fa maturare con tanti incontri con Lui, anche con le nostre debolezze, quando le riconosciamo, con i nostri peccati …”.
Pietro “si è lasciato proprio modellare” dai “tanti incontri con Gesù” e questo – afferma il Papa – “serve a tutti noi, perché noi siamo sulla stessa strada”. “Pietro è un grande” – ribadisce – non “perché sia uno bravo” ma perché “è un nobile, ha un cuore nobile, e questa nobiltà lo porta al pianto, lo porta a questo dolore, a questa vergogna e anche a prendere il suo lavoro di pascere il gregge”:
“Incontrare il Signore, ma più importante è lasciarci incontrare dal Signore: questa è una grazia. Ecco la grazia che ci insegna Pietro. Chiediamo oggi questa grazia. Così sia”.

Mercoledì 15 maggio: VESCOVI E PRETI SIANO “PASTORI E NON LUPI”

“Un vescovo non è vescovo per se stesso, è per il popolo; e un prete non è prete per se stesso, è per il popolo”, “al servizio” del popolo “per difenderlo dai lupi”.  “Quando un prete, un vescovo va dietro ai soldi, il popolo non lo ama, ma lui stesso finisce male”, ha ammonito il Papa, ricordando che san Paolo “non aveva un conto in banca, lavorava. E quando un vescovo, un prete va sulla strada della vanità, entra nello spirito del carrierismo – e fa tanto male alla Chiesa – fa il ridicolo alla fine, si vanta, gli piace farsi vedere, tutto potente… E il popolo non ama quello!”. “Pregate per noi vescovi e per i preti”, la richiesta di Papa Francesco: “Ne abbiamo tanto bisogno per rimanere fedeli, per essere uomini che vegliano sul gregge e anche su noi stessi. Che il Signore ci difenda dalle tentazioni, perché se noi andiamo sulla strada delle ricchezze, se andiamo sulla strada della vanità, diventiamo lupi e non pastori, pastori”.

martedì 14 maggio: L’IDEOLOGO NON SA COSA SIA L’AMORE, PERCHÉ NON SA DARSI

Se vogliamo davvero seguire Gesù, dobbiamo “vivere la vita come un dono” da dare agli altri, “con un cuore largo”, “non come un tesoro da conservare”.  Gesù, ha affermato, ci dice che “nessuno ha un amore più forte di questo: dare la sua vita”. Ma la liturgia odierna ci mostra anche un’altra persona: Giuda, “che aveva proprio l’atteggiamento contrario”, perché “mai ha capito cosa sia un dono”: “Pensiamo a quel momento della Maddalena, quando lava i piedi di Gesù con il nardo, tanto costoso: è un momento religioso, un momento di gratitudine, un momento di amore. E lui, si distacca e fa la critica amara: ‘Ma questo potrebbe essere usato per i poveri!’. Questo è il primo riferimento che ho trovato io, nel Vangelo, della povertà come ideologia. L’ideologo non sa cosa sia l’amore, perché non sa darsi”. Una “idolatria”, questa, che ha portato Giuda “a isolarsi dalla comunità”. “Questo è il dramma della coscienza isolata”, ha spiegato Papa Francesco: “quando un cristiano incomincia ad isolarsi, isola la sua coscienza dal senso della Chiesa”.

lunedì 13 maggio: UN CRISTIANO CHE NON HA MEMORIA NON È CRISTIANO: È IDOLATRA

“La memoria è una grazia grande, e quando un cristiano non ha memoria non è cristiano: è idolatra”.  “Un cristiano senza memoria – ha ammonito Papa Francesco – non è un vero cristiano: è un uomo o una donna che prigioniero della congiuntura, del momento; non ha storia. È proprio lo Spirito che gli insegna come prendere la storia”. Lo Spirito Santo, quindi, è “memoria della nostra vita, della nostra storia, memoria dal momento che abbiamo avuto la grazia di incontrare Gesù; memoria di tutto quello che Gesù ci ha detto”. “Quella memoria che viene dal cuore, quella è una grazia dello Spirito Santo”, ha spiegato il Papa. Di qui l’invito a essere cristiani che “non dimenticano le grazie della loro vita, non dimenticano il perdono dei peccati, non dimenticano che sono stati schiavi e il Signore li ha salvati”.

venerdì 10 maggio: IL CRISTIANO È UN UOMO E UNA DONNA DI GIOIA

“Il cristiano è un uomo e una donna di gioia”. “Che cosa è, questa gioia? È l’allegria? No: non è lo stesso. L’allegria è buona, eh?, rallegrarsi è buono. Ma la gioia è di più, è un’altra cosa. È una cosa che non viene dai motivi congiunturali, dai motivi del momento: è una cosa più profonda. È un dono”, ha osservato il Pontefice. L’uomo gioioso, ha proseguito, è un uomo sicuro. Sicuro che “Gesù è con noi, che Gesù è con il Padre”. Ma questa gioia, si chiede il Papa, possiamo “imbottigliarla un po’, per averla sempre con noi?”: “No, perché se noi vogliamo avere questa gioia soltanto per noi alla fine si ammala e il nostro cuore diviene un po’ stropicciato, e la nostra faccia non trasmette quella gioia grande ma quella nostalgia, quella malinconia che non è sana”. Alcune volte, ha aggiunto, “questi cristiani malinconici hanno più faccia da peperoncini all’aceto che proprio di gioiosi che hanno una vita bella. La gioia non può diventare ferma: deve andare. La gioia è una virtù pellegrina”. La gioia è “un dono che cammina, che cammina sulla strada della vita, cammina con Gesù: predicare, annunziare Gesù, la gioia, allunga la strada e allarga la strada. È proprio una virtù dei grandi, di quei grandi che sono al di sopra delle pochezze, che sono al di sopra di queste piccolezze umane, che non si lasciano coinvolgere in quelle piccole cose interne della comunità, della Chiesa: guardano sempre all’orizzonte”. Grazie alla gioia “il cristiano è magnanimo, non può essere pusillanime: è magnanimo. E proprio la magnanimità è la virtù del respiro, è la virtù di andare sempre avanti, ma con quello spirito pieno dello Spirito Santo. È una grazia che dobbiamo chiedere al Signore, la gioia. In questi giorni in modo speciale, perché la Chiesa si invita, la Chiesa ci invita a chiedere la gioia e anche il desiderio: quello che porta avanti la vita del cristiano è il desiderio. Quanto più grande è il tuo desiderio, tanto più grande verrà la gioia. Il cristiano è un uomo, è una donna di desiderio: sempre desiderare di più nella strada della vita”. Oggi, ha poi concluso Papa Francesco, c’è un motivo bello di gioia per la presenza a Roma di Tawadros II, “perché è un fratello che viene a trovare la Chiesa di Roma per parlare”, per fare assieme “un pezzo di strada”.

 

1 COMMENT

  1. In Luca c’è la parabola del figlio prodigo. E noi mettiamo l’accento sulla colpa del figlio, mentre mi sembra che il senso vero della parabola sia l’AMORE MISERICORDIOSO DEL PADRE. E’ il padre che ve incontro al figlio che torna a casa. E’ il padre che esce e va a cercare il figlio che non vuole entrare perchè il padre fa festa per il ritorno del fratello peccatore.
    Qui, nel testo della riabilitazion e di Pietro, mi sembra che l’accento NON sia su Pietro, ma esclusivamente sull’Amore di Gesù Cristo, Signore risorto che accoglie il peccatore Pietro, e lo costringe all’umiltà “Signore, Tu sai ogni cosa”.
    Concludo: chiediamo perdono al Signore per le nostre disubbidienze e Egli nella sua infinita misericordia ci offra il Suo Almore ch’è perdono e vitai

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