Prendersi cura delle parole è un compito e un impegno essenziale non solo per gli operatori dell’informazione ma per tutte e tutti. Ogni comunità, struttura educativa, mezzo di comunicazione, famiglia, organizzazione politica e religiosa dovrebbe adottare come priorità quella di “prendersi cura delle parole”.
Le parole, infatti, sono rivelative dei pensieri e generative di scelte, azioni e reazioni. Sono pietre lanciate in uno specchio d’acqua e danno vita a cerchi concentrici ma, qualora vi fosse fango sul fondo, anche a riproporre in maniera disordinata e confusa antichi conflitti che sembravano sopiti. La nostra convivenza ha bisogno di parole-ponte e non di parole-contro.
Ci sono parole che hanno la capacità di mettersi nella pelle dell’altra o dell’altro, che sanno superare i confini e comprendere i cammini. E parole che addirittura sanno farsi “sinodo”, offrono cioè la possibilità di percorrere dei cammini insieme in cui scopriamo che da soli saremmo stati più poveri. Prendersi cura delle parole è atto sapiente in grado di prevenire i conflitti e trasformarsi in terapia efficace nelle relazioni difficili. È pietra miliare della convivialità delle differenze che è l’altro nome della pace.