Cosa imparano sui testi di storia i nostri studenti? C’è una faziosità voluta e programmata? C’è un ritardo dei manuali scolastici rispetto al lavoro fatto dagli storici che rischia di non avere una adeguata ricaduta sul piano divulgativo? C’è un vero interesse dei docenti, delle famiglie, degli alunni e, non ultime, delle case editrici alla validità scientifica, oltre che didattica, dei testi in adozione? Se la proposta di qualche Consiglio regionale italiano, quello del Lazio in testa, di istituire delle commissioni che valutino l’attendibilità scientifica dei testi di storia riuscisse a far riflettere su questi problemi, sarebbe positivo. Sull’istituzione di commissioni siamo molto più perplessi anche se riteniamo che l’interesse del governo in questo settore non dovrebbe essere solo quello del peso e del costo dei libri scolastici. Ci riferiamo, naturalmente, alle recenti disposizioni sul tetto posto al peso degli zainetti e al costo dei libri di scuola. Ci sembra che tra rispolverare il Minculpop (Ministero fascista della cultura popolare) e disinteressarsi della validità scientifica dei testi ci siano delle posizioni intermedie. Sarebbe utile che su questo problema si aprisse un dibattito caratterizzato da libertà intellettuale invece che da passionalità politica e ideologica. Esso, infatti, concerne il rapporto tra ricerca e divulgazione, il retaggio di posizioni ideologiche ormai superate, l’assunzione di responsabilità culturale di fronte alle nuove generazioni. Attende anche al nostro rapportarci alla memoria storica: non riusciamo a trovare un equilibrio tra oblìo e utilizzo interessato del nostro passato. Certamente i libri di storia continuano ad essere ricchi di inesattezze, superficialità, luoghi comuni. Da decenni si sa che quando il popolo parigino entrò nella Bastiglia il 14 luglio del 1789 non c’erano masse di oppositori politici di Luigi XVI che venivano sadicamente torturati. C’erano invece solo sette detenuti, tra cui qualche falsario e un debosciato: nessun prigioniero politico. Eppure i manuali di storia continuano a seguire la vulgata giacobina della presa della Bastiglia come atto eroico del popolo parigino. Croati e bosniaci desideravano veramente nel 1918 l’annessione alla Serbia come dicono i manuali? La guerra nella ex Yugoslavia ha ampiamente smentito questo luogo comune. Numerosi testi scientifici hanno messo a fuoco di recente il fenomeno delle “insorgenze” antinapoleoniche in Italia alla fine del Settecento e nei primi anni dell’Ottocento. Un vero fenomeno di massa, molto più di massa della rivoluzione francese stessa. La maggioranza dei testi scolastici non ne parla nemmeno. Molto prima del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, testi autorevoli avevano messo in luce le responsabilità del Risorgimento nell’accentuare il distacco tra laici e cattolici, ma i manuali si attengono alla versione liberale accreditata ormai da decenni. Di Innocenzo III si continua a dare la versione del pontefice che voleva essere un principe, tesi che farebbe ridere qualsiasi storico della Chiesa. Pio IX viene presentato dai manuali come un ottuso retrogrado e la recente beatificazione, che pure ha indirettamente favorito anche una riconsiderazione storica del personaggio, non produrrà significativi esami di coscienza negli autori di testi scolastici. Colpa degli storici di professione che non tengono i contatti con il mondo della divulgazione? Colpa delle case editrici “di sinistra”? Forse sì. Ma colpa anche di insegnanti, studenti e famiglie. Quanti insegnanti si interrogano seriamente sul valore della verità nelle scienze storico-sociali? Sul piano formale il processo di adozione dei libri di testo è qualcosa di molto complesso e articolato prevedendo l’assunzione di responsabilità di diverso livello di vari organi collegiali. Non c’è bisogno di commissioni, ma di attenzione non solo al peso e al prezzo dei libri, di autori di manuali che si aggiornino su quanto scrivono gli storici, di insegnanti interessati alla verità della loro disciplina, di famiglie curiose di valutare quanto passa nelle mani dei loro figli e di una scuola che, in generale, riprenda il gusto della verità.
Polemiche troppo politiche? Sì, ma il problema esiste
Dibattito sulla revisione dei libri di scuola di "destra" o di sinistra"
AUTORE:
Stefano Fontana