Il Papa è ritornato a Roma, i giovani e il loro accompagnatori, vescovi, preti e laici, sono ognuno a casa propria. L’euforia e l’ebbrezza delle giornate della 28a Gmg è sfumata. Rimane l’eco, che non cesserà di diffondersi per valli e monti, oltre i fiumi e i mari e oceani, approdando nel cuore delle città.
Ormai tutto ha una dimensione globale. Una parola detta a Rio fa il giro del mondo. L’unica barriera che rimane insuperabile, e che nessuno può varcare dall’esterno, sono la coscienza e il cuore delle persone, che si aprono dall’interno.
Questo varco è consentito solo a Colui che ha creato l’uomo e ne conosce l’intimo segreto. Per questo, alla fine, di tutta la vicende dei tre milioni di giovani in presa diretta con Papa Francesco, si deve osservare il grande silenzio. Quel silenzio rimane ed è nel suo alveo che si percepisce la Presenza.
Tre milioni di giovani uniti all’aperto con lo sguardo fisso in un’unica direzione, verso il Mistero, in adorazione, rendono la misura della verità della Parola e la condizione del suo fiorire nel mondo.
Questo silenzio, che parla e suscita emozioni profonde, si impone anche di fronte a chi soffre e grida, come è successo in una delle nostre piazze questi giorni, quando un giovane “pazzo” ha gridato, rivolto a tutti: “Maledetti!”, finché non lo hanno arrestato.
Silenzio di fronte alle vittime di quello sberleffo satanico del treno “pazzo” che è andato a schiantarsi con il suo carico umano alla vigilia della festa di Santiago de Compostela, e di quell’altro bus “impazzito” che ha trascinato nel burrone i suoi pellegrini.
Silenzio e pietà per le tante vittime della “follia” di mariti e amanti che uccidono e si uccidono, di figli e figlie abbandonati a se stessi, contesi o dimenticati.
Papa Francesco si è domandato di recente a Lampedusa: “Chi ha pianto?”. Sembra proprio di cattivo gusto richiamare l’attenzione a questi tragici eventi dopo la grandissima festa della gioventù mondiale, e per di più nel bel tempo delle vacanze.
Ma forse è proprio quando si allentano la frenesia per il lavoro e l’ansia degli impegni quotidiani che si riesce ad avere uno spazio per pensare, ricordare, valutare, lasciarsi sorprendere ed emozionare, progettare, rinnovare.
In questi giorni il Papa ha scelto e fatto conoscere il tema della Giornata mondiale della pace del prossimo 1° gennaio: “Fraternità, fondamento e via per la pace”. Non c’è pace tra gi uomini se essi non si considerano fratelli. Se pensano che gli altri siano nemici, o di razza o di rango inferiore, che siano uno “scarto” della società, che siano dei parassiti, e via di questo passo discriminante, non ci potranno mai essere le condizioni per la pace. È vero che anche tra fratelli si può scatenare una lotta. C’è un brutto proverbio che suona: “fratelli, coltelli”. Il primo omicidio, secondo la Bibbia, fu un fratricidio. Ma Dio ne chiese conto: “Caino, dov’è tuo fratello?”. Caino non fece silenzio, rispose con parole false e arroganti: “Sono forse io il custode di mio fratello?”.
Il mondo è pieno di menzogne.
Riconoscere che è tuo fratello quello che hai ucciso o sfruttato o umiliato e comunque fatto soffrire è la via perché quella soglia invalicabile della coscienza e del cuore umano possa essere varcata.
È urgente fare silenzio e mettere il silenziatore ai discorsi arroganti e aggressivi, a parole offensive di cui, purtroppo, è piena l’atmosfera.
Elio Bromuri