di Pier Giorgio Lignani
Se leggiamo il celebre romanzo Moby Dick di Melville, possiamo imparare tutto ciò che vorremmo sapere – e anche molto di più di ciò che vorremmo sapere – sul conto di balene, capodogli e affini.
E sul perché negli ultimi due-tre secoli gli uomini abbiano dato una caccia spietata a questi animali enormi e innocui, fino a rischiarne l’estinzione. La notizia da commentare questa settimana è che una femmina di capodoglio, incinta (il capodoglio non è un pesce, è un mammifero che vive in acqua), è arrivata morta su una spiaggia della Sardegna.
Il fatto in sé non è straordinario, ma l’aspetto inquietante è la probabile causa della morte. Lo stomaco dell’animale era infatti pieno di oggetti di plastica, ovviamente indistruttibili e indigeribili, che vi si erano accumulati per oltre venti chili, lo avevano intasato, e rendevano praticamente impossibile il normale transito del cibo (ricordando che gli oggetti in plastica hanno una capacità di ingombro molto elevata in rapporto al loro peso).
Il capodoglio si nutre di grossi molluschi, che inghiotte con la sua bocca larga diversi metri; naturale che inghiotta anche i sacchetti, i piatti e le bottiglie di plastica usa-egetta di cui, a quanto pare, i nostri mari sono pieni.
Insomma, il bel mare della Sardegna è ormai una specie di discarica, e nello stesso tempo una trappola mortale non solo per tante specie marine di dimensioni medie e piccole, ma anche per quelli che sono gli animali più grossi del pianeta. Circa sessanta anni fa, si era angosciati perché l’umanità si era dotata di strumenti (le bombe nucleari) con cui poteva autodistruggersi e distruggere tutta la vita sulla Terra; adesso ci rendiamo conto che possiamo ottenere lo stesso risultato con poca spesa e niente fatica a forza di spargere in giro, allegramente, bottigliette di acqua minerale, bicchierini delle macchinette di caffè a gettone, e tutto il resto.
Dovrebbe salvarci la raccolta differenziata, ma per ora trattiene solo una quota infinitesima della plastica che prima o poi arriva in mare. Ed è un problema serio, non solo per le povere balene.