Più campanili sugli schermi della nuova Rai “federalista”

Gubbio / Un convegno sulla tv pubblica fa riflettere sull'informazione umbra

L’Umbria continua ad accreditarsi sempre più come luogo di dibattito e riflessione, a livello nazionale, sui temi della comunicazione e dell’informazione. Lo conferma il convegno convocato a Gubbio, dedicato a un tema che da anni fa riflettere gli esperti del settore, “Rai: servizio pubblico!/?”. Nel dubbio sollevato dal doppio punto finale, esclamativo e interrogativo, sta tutta la problematica connessa a un sistema radiotelevisivo anomalo come quello italiano. Un duopolio frutto di anni di Far West dell’emittenza nazionale e locale, prima, e di regole costruite troppo su misura, in anni più recenti. Il dibattito a tutto campo intorno alla Rai – aperto a Gubbio grazie alla presenza di sociologi, giuristi, uomini politici, dirigenti e giornalisti dell’azienda – ha permesso anche una riflessione e un’analisi di quello che la radiotelevisione di Stato significa per una regione come l’Umbria, che spesso stenta un po’ a definire bene la propria identità. “I dati di ascolto dei telespettatori premiano il lavoro della redazione giornalistica della Rai regionale e del caporedattore Giampaolo Smuraglia”, spiega il presidente del Comitato regionale per le comunicazioni, Enrico Viola. “Certo, c’è forse l’esigenza di una Rai più vicina a tutto il territorio. E’ vero che il Tg3 locale ha sede a Perugia e che eventi, manifestazioni e notizie più rilevanti partono dal capoluogo regionale, però – commenta Viola – non sono da meno altre situazioni di rilievo sul territorio, specialmente del ternano. Se una riflessione vogliamo farla, a volte le notizie sembrano un po’ ‘perugiacentriche'”. Nel dibattito sulla qualità dell’informazione Rai, tornato alla ribalta negli ultimi giorni grazie a varie iniziative nazionali, dice la sua anche Andrea Jengo, direttore (amministrativo e non redazionale) della sede perugina di via Masi. “Non essendo un giornalista non voglio certo muovere delle critiche al lavoro dei colleghi della redazione – dice Jengo – ma credo che l’informazione regionale vada un po’ ripensata nel suo complesso e in questo senso saranno determinanti le indicazioni che il direttore della testata nazionale fornirà ai singoli capiredattori. Con Angela Buttiglione si è tornati all’impostazione della testata regionale svincolata da quella del Tg3 nazionale e, in questo senso, credo sia cresciuta l’attenzione intorno ai Tg regionali. Bisogna stare sempre attenti alla qualità di contenuti e di esposizione dell’informazione. Su questo credo che ci sia un po’ da fare”. Ripensare il servizio pubblico della Rai dovrà significare, dunque, comunicare in modo diverso anche le realtà e le identità locali. Ma in che modo, sia dal punto di vista tecnico che nei contenuti? “Per il momento, vista la struttura attuale – sostiene Enrico Viola – non è possibile aumentare gli spazi che la Rai dedica alle regioni sulla terza rete. Io mi auguro che nel processo di ristrutturazione della rete regionale ci siano possibilità di avere delle ore tematiche di approfondimento su temi amministrativi, sociali, culturali ed economici”. Da parte sua, Jengo spiega che le opportunità di decentramento per la Rai sono legate all’innovazione tecnologica (il digitale terrestre dal 2006) e alle intenzioni dei vertici aziendali – a cominciare dal presidente della Rai, Baldassarre – di siglare collaborazioni (anche partnership societarie) con istituzioni regionali e soggetti privati locali. Per ora, in sostanza, aumentare gli attuali 40 minuti al giorno di informazione regionale è un problema di risorse.

AUTORE: Daniele Morini