A distanza di quattro anni dalla prima ricerca che ha analizzato le condizioni di marginalità economica in Umbria, è stato presentato il secondo rapporto sulle povertà nella regione. Un lavoro, quello promosso dall’Osservatorio regionale sulle povertà, che intende rendere visibili le molteplici forme di disagio e di esclusione sociale dovute a una condizione di indigenza materiale, ma anche di povertà immateriale.
Di questi temi si è parlato in occasione del convegno “Ripensare le povertà”, che si è svolto nei giorni scorsi presso l’Istituto teologico di Assisi.
Il secondo rapporto sulle povertà in Umbria, realizzato dall’Istituto regionale di ricerche economiche e sociali, è stato commentato da rappresentanti della Caritas e della Regione dell’Umbria, oltre che da esperti del settore dei servizi sociali e dell’accoglienza degli ultimi. I dati e le analisi fornite dallo studio saranno utilizzati sia dalla Chiesa umbra, sia dall’amministrazione regionale per adeguare gli strumenti di intervento sociale, di solidarietà e di aiuto.
Sono tutti concordi nell’affermare che la collaborazione fra Chiesa locale e istituzione regionale sul difficile e complesso terreno delle povertà è stata utile e proficua. Per questo è necessario continuare il lavoro dell’Osservatorio regionale sulle povertà nato dall’incontro fra Conferenza episcopale umbra e Regione dell’Umbria e organizzato dalla Caritas, dall’Irres e dalla stessa amministrazione regionale.
“Su questo terreno – ha detto monsignor Sergio Goretti, presidente della Conferenza episcopale umbra – è necessario far crescere la collaborazione fra la Chiesa e gli enti pubblici”. Nel concludere i lavori della tavola rotonda che si è svolta durante la giornata assisana, Goretti ha manifestato la sua forte impressione per l’aumento e la complessità delle tante povertà immateriali, che si affiancano a quelle economiche. “Parlando dei giovani – ha affermato il Vescovo di Assisi, prendendo spunto dalle parole di don Luigi Ciotti – oggi mi fa molto più paura quell’universo giovanile che bighellona nelle piazze e nei bar, che scambia la notte con il giorno, che non decide mai di sposarsi per superficialità e mancanza di responsabilità, piuttosto che i tanti ragazzi che si battono anche in maniera violenta, come accaduto a Genova, in nome di ideali giusti o sbagliati che siano”.
Anche don Luigi Filippucci, delegato Caritas per l’Osservatorio delle povertà, ha lanciato alcune emergenze. In particolare quella della famiglia, la “cellula sociale” che più di ogni altra si trova in prima linea nelle trincee quotidiane della povertà e del bisogno. “I nostri governanti e i politici locali devono ripensare – spiega il sacerdote folignate – a politiche sociali adatte alle famiglie e ai tempi di oggi”. Secondo Filuppucci lo stesso approccio verso i poveri deve essere riconsiderato, in modo che chi si trova in condizioni di necessità economica ma anche immateriale non debba “subire” gli interventi di assistenza e caritatevoli. “Bisogna piuttosto corresponsabilizzare i poveri – aggiunge don Luigi – e farli partecipi di un cammino più ampio e non episodico”. Da ultimo, un appello alle istituzioni perchè siano più utilizzati i gruppi e le associazioni di volontariato, che possono dare “un’anima” alle forme di intervento nel sociale.
Secondo l’assessore regionale alle Politiche sociali, Gaia Grossi, lo sviluppo dell’Umbria oggi non può prescindere dal modello di sviluppo internazionale che andrebbe completamente rivisto, perchè basato su meccanismi economici che non considerano le identità e le peculiarità di popoli, nazioni, comunità locali.
Entrando nello specifico, Gaia Grossi ha ricordato che la Regione sta recependo finanziamenti dal fondo nazionale per le politiche sociali che ha messo a disposizione 548 milioni di lire per progetti riguardanti le povertà estreme e 604 milioni da distribuire ai Comuni, sempre per interventi sociali in questo settore. Nel primo caso è già stato pubblicato un bando, nel luglio scorso, per finanziare interventi progettati da enti locali, organizzazioni di volontariato e Onlus. Per quanto riguarda i fondi destinati ai Comuni vanno ancora stabiliti i criteri di ripartizione. “E’ comunque importante sottolineare – ha aggiunto l’assessore regionale – che il Piano sociale regionale ha calibrato gli interventi proprio sulla base del quadro fornito dal primo rapporto sulle povertà pubblicato nel 1997”.
Tra le urgenze segnalate dall’assessore regionale ci sono quelle sui settori della formazione e del lavoro.
“Bisogna passare – ha detto – da un welfare di emergenza a un modello sociale che oltre alle povertà estreme possa lavorare anche sulle famiglie ‘normali’ che rischiano di cadere nel disagio e nell’indigenza”. Concludendo il suo intervento anche Gaia Grossi ha sollecitato un vertice fra Chiesa e Regione per concordare la prosecuzione di una esperienza positiva come quella dell’Osservatorio delle povertà.