Mentre la Cgil si preparava allo sciopero di mercoledì e la Banca d’Italia di Perugia presentava i dati sullo stato (non positivo) dell’economia regionale, martedì 13 al Chocohotel di Perugia la Cisl – Umbria promuoveva un confronto sulle politiche per il lavoro. “I sindacati europei hanno indetto una mobilitazione per la crescita ed il lavoro, (mercoledì 14 novembre, ndr). Si poteva fare una manifestazione unitaria, senza costi per i lavoratori, e la Cisl lo farà, ma la Cgil ha scelto di fare lo sciopero generale” ha commentato Ulderico Sbarra, segretario generale Cisl Umbria. Dalla tavola rotonda di martedì mattina il segretario regionale Cisl Claudio Ricciarelli ha presentato le proposte del sindacato che cercano di affrontare in un quadro coerente i problemi posti dalla crisi economica e dai tagli alla spesa pubblica, mettendo al centro del sistema il lavoro e il lavoratore (vedi articolo a pagina 6 del numero scorso). Sulle proposte è intervenuta la presidente della Regione Catiuscia Marini, a cominciare dal problema della Cassa integrazione in deroga “vera emergenza dei prossimi mesi”, ha detto entrando poi nel merito delle scelte in corso a Bruxelles sui Fondi strutturali e rivendicando il risultato ottenuto con il fondo regionale (8,5 milioni di euro) per la stabilizzazione dei lavoratori che ha portato all’assunzione a tempo indeterminato di mille lavoratori. Il dialogo è appena iniziato, e la Cisl vuole “dare centralità al lavoro, con una particolare attenzione ai giovani, in una prospettiva di nuova crescita economica dell’Umbria”, tenendo conto anche della riforma del lavoro sulla quale il segretario generale aggiunto della Cisl Giorgio Santini ha tenuto un seminario ai delegati sindacali. Che i giovani siano i più penalizzati in questa fase storica lo ha ricordato il docente di economia Luca Ferrucci. Il 10 % dei laureati umbri trova lavoro fuori regione, inoltre molti laureati sono entrati nel mercato del lavoro dei diplomati, quando lavorano! La crisi amplifica i suoi effetti sui giovani, ma il Paese, ha ricordato Ferrucci, dal 1977 ad oggi è cresciuto in media dello 0,4% passando da 20 a 22,8 milioni di occupati. Troppo poco, e per uscire dalla crisi non serve tanto modificare il mercato del lavoro – con tutte le discussioni sull’articolo 18 – quanto potenziare le politiche industriali poichè finora, ha sottolineato l’economista, molte delle scelte fatte rispondono alla “logica della sostitutività” per la quale esce un lavoratore e ne entra un altro, e non della “addizionalità”. Su questo si gioca il futuro del Paese e con questo dovranno confrontarsi le politiche, anche regionali, per il lavoro.
Più attenzione ai giovani
Politiche per il lavoro: incontro promosso dalla Cisl
AUTORE:
Maria Rita Valli