Dopo la guerra ha ricevuto i ringraziamenti dalle più alte autorità del mondo ebraico per quanto aveva fatto in favore dei perseguitati. Quando si è spento, il 9 ottobre 1958, il mondo lo ha pianto come un grande Papa. Oggi, invece, è accusato di essere moralmente responsabile dell’Olocausto. Come nascono i famosi “silenzi” di Pio XII? Una sua plateale scomunica lanciata contro Hitler avrebbe fermato l’orribile “soluzione finale”? Davvero questo Pontefice è stato indulgente verso il nazismo, se non addirittura suo “complice”, come si legge nel dramma Il Vicario di Rolf Hochhuth? Di questo ha parlato Andrea Tornielli, noto giornalista e vaticanista e autore di una biografia di papa Pacelli nel corso dell’incontro che ha tenuto a Terni nella chiesa di San Cristoforo, di fronte a centinaia di persone. Il rapporto di Eugenio Pacelli con gli ebrei è stato analizzato a partire dai primi anni del secolo: è emerso, ad esempio, che il futuro Papa, il quale aveva avuto un compagno di scuola ebreo e ne era diventato amico, è stato più indulgente verso le istanze sioniste di quanto non lo fossero i suoi superiori in Segreteria di Stato. Sono stati citati documenti, manoscritti autografi e resoconti di riunioni segrete tenute in Vaticano, che dimostrano quale fosse il reale atteggiamento del cardinale Pacelli, segretario di Stato di Pio XI, nei confronti di Hitler. Sono stati ricordati i tanti interventi e radiomessaggi di Pio XII a partire dal 1939 fino al 1945 dai quali emerge che Pacelli non è stato così in “silenzio”. A questo proposito è interessante la testimonianza contenuta in un saggio di don Giuseppe Dossetti, il quale ammette che, a conflitto iniziato, l’atteggiamento del Pontefice doveva essere caratterizzato dalla prudenza per non provocare rappresaglie e inasprire le già terribili persecuzioni. Tornielli ha infine ricordato le decine di testimonianze autorevoli che dimostrano l’unanime gratitudine delle più alte autorità israelitiche verso Pio XII: il Papa era un uomo sensibile, preoccupato per la sorte delle vittime della persecuzione. Non è vero che sia stato silenzioso: ha parlato – con vari riferimenti agli ebrei ben compresi da tutti – ma ha parlato prudentemente. Sapeva benissimo quale sarebbe stata la reazione di Hitler e dei nazisti di fronte a una plateale denuncia. Sapeva benissimo, perché ne aveva avuto le prove, che una sua condanna esplicita avrebbe solo peggiorato la situazione dei perseguitati e aumentato le persecuzioni stesse. Fra la parola, che gli avrebbe precostituito una buona fama presso i posteri, e l’azione in favore delle vittime, scelse di agire. I conventi di Roma si riempirono di ebrei e l’ex console onorario di Israele Pinchas Lapide ha calcolato che furono così salvate tra le 750.000 e le 800.000 vite di ebrei.