Essere “Capitale europea della cultura” per una città e per un territorio significa avere una straordinaria occasione di crescita, culturale ed economica. È così che Perugia ed Assisi, fortemente rivali in epoche lontane, hanno trovato nella candidatura a “Capitale europea della cultura 2019” l’occasione per collaborare ad un grande progetto comune, che si allarga anche all’intera regione. Ne parliamo con Claudio Ricci, uno dei massimi esperti di territorio e turismo, dal 2006 sindaco di Assisi, la città da cui è partita l’idea della candidatura.
Ricci, quali obiettivi si pone la candidatura a Capitale europea della cultura?
“La candidatura è un modo per dire all’Europa che in Umbria sono nate molte cose, come l’umanesimo francescano, che si sintetizza nei due abbracci al lebbroso e al sultano, affermando l’idea che nell’altro in qualsiasi situazione si trovi e comunque la pensi, c’è sempre un valore e l’arte pittorica europea. L’intelligenza creativa e l’umanesimo francescano possono costituire i due presupposti sui quali proporre all’Unione europea la nuova città. Non vogliamo solo raccontare i nostri valori, ma indicare come pensiamo di costruire la città futura, la città diffusa. Assisi e Perugia si guardano da lontano, l’aeroporto San Francesco d’Assisi è nel mezzo ed è la porta per il mondo. I centri storici non sono separati, ma dialogano con lo spazio diffuso. Non si può fare una corretta progettazione senza tenere conto delle esigenze delle persone, ma si devono mettere in armonia le persone e l’ambiente ed è con questo obiettivo che si è pensato alla candidatura”.
Come è nata questa proposta?
“L’idea della candidatura di Assisi è nata nel 2005-2006, ma poi insieme a Perugia si è pensato di allargarla alla ‘rete delle città dell’Umbria’ e quindi all’intera regione, per dare una prospettiva strategica per i prossimi15 anni. I Fondi comunitari per la cultura, il turismo e l’ambiente possono essere utilizzati per costruire progetti comuni, lavorando insieme, combinando i fattori, mettendo insieme valori, persone, città, territori”.
Lo “spirito di Assisi”, è un’espressione entrata ormai nell’uso comune, a ricordo dello storico incontro del 27 ottobre 1986 voluto dal Papa Giovanni Paolo II. Cosa ha significato quell’evento per Assisi?
“È molto complesso fare una sintesi dei significati valoriali e culturali di questa espressione, che costituisce anche un forte fattore di comunicazione culturale e turistica non solo per Assisi, ma per tutta l’Umbria. Come segno di gratitudine verso il beato Giovanni Paolo II, lo scorso ottobre abbiamo ratificato il gemellaggio di Assisi con la sua città natale, Wadowice. Inoltre Benedetto XVI nella sua visita dello scorso anno, in occasione dei 25 anni dall’evento, ha voluto scegliere un segno: il pellegrinaggio, il cammino. Il cammino si fa insieme, ognuno conserva la propria identità, il dialogo non deve annullarla, ma sottolinearla e rafforzarla”.
Qual ruolo può continuare a giocare la città in questo processo?
“Assisi deve continuare ad avere cura di questo valore, facendolo crescere e mettendolo in luce ogni giorno. Tutto quello che si fa ad Assisi deve essere orientato al rafforzamento di questa eredità che deriva dallo spirito di Assisi. Siamo anche in contatto con l’Ufficio delle Nazioni Unite che svolge attività per favorire il dialogo tra i popoli. Come presidente italiano dei 47 siti Patrimonio culturale dell’umanità, devo dire che anche l’Unesco è molto attenta a questi aspetti, salvaguardando e valorizzando le diversità e le identità delle persone e dei luoghi”.
“Dal rinascimento dei centri urbani il volano della ripresa” titolava un recente articolo del Sole 24 Ore, ricordando come “le città sono al centro delle contraddizioni e delle sfide di oggi, lì ha abitato la speranza di futuro, per le città passa il rinnovamento del paese”. Come immagina la sua Amministrazione Assisi nel 2019?
“In Italia sono stati censiti 22.000 centri storici. Si è discusso molto sulla loro valorizzazione, creando molti modelli e norme, ma i processi di rilancio sono lenti e graduali. Un primo problema è quello dell’accessibilità (parcheggi, percorsi meccanizzati, svincoli, sottopassi): la gente vuole arrivare il più vicino possibile alla propria abitazione. Ma oltre all’accessibilità fisica si deve arrivare a quella tecnologica, tramite la rete internet veloce e wi-fi, garantendo livelli tecnologici elevati e gratuiti. Servono poi luoghi di aggregazione sociale per realizzare mostre, congressi, esposizioni, eventi, non solo nel centro storico, ma anche altrove, luoghi dove le persone si possano incontrare e dialogare. È necessaria infine una maggiore flessibilità urbanistica. Nei secoli ci sono stati sempre adattamenti urbanistici, ma dall’800 i regolamenti sono diventati più rigidi e gli edifici non possono essere modificati. È giusta la tutela, sì, ma applicata in modo flessibile per favorire la trasformazione ed il riutilizzo”.
La recente realizzazione di Unesco Natura Territorio Olio (Unto), legando la città ai significati simbolici dell’olivo, ma anche all’olio come condimento principe della nostra cucina, può aprire ad Assisi nuove opportunità nel campo del turismo eno-gastronomico, da affiancare al turismo religioso che da sempre costituisce la risorsa più importante per la città?
“La manifestazione è nata per valorizzare il patrimonio storico e culturale legato alle produzioni tipiche del territorio di Assisi, in primis l’olio. Far conoscere i piccoli produttori, le loro famiglie, le loro tradizioni, i loro prodotti. Il turismo sarà sempre più legato alla possibilità di offrire prodotti veri, poco costruiti, offrendo ricordi utili, facendo vivere al turista un’esperienza, vedendo i luoghi, le lavorazioni, in rapporto stretto con il paesaggio. In un suo libro sul Cammino di Santiago, Paulo Coelho parla della differenza del far sentire l’ospite accolto o atteso. Perché sia atteso, tutti i residenti e non solo gli operatori turistici devono fornire un’adeguata accoglienza e concorrere a coinvolgerlo, prendendolo per mano, lavorando in forma empatica”.
La Marcia della pace Perugia-Assisi quest’anno si è svolta a Gerusalemme. Ritiene che portare la Marcia in territori oggetto di conflitto possa essere un’iniziativa utile e da ripetere, o invece sarebbe preferibile che la Marcia Perugia-Assisi tornasse a svolgersi nell’itinerario pensato da Aldo Capitini?
“Assisi ha sempre assicurato adeguati servizi di accoglienza per i partecipanti alla Marcia, specialmente i questi ultimi anni. Crediamo infatti nello spirito capitiniano, che si può sintetizzare nella parola ‘fratellanza’ che lo avvicina allo spirito francescano. È importante che la Marcia si sia spostata a Gerusalemme, che si siano fatte incontrare le persone, praticando il dialogo in maniera più solida. Il lavoro dal basso è sicuramente più lento, ma più proficuo. Mi auguro che nel 2013 la Marcia torni al suo percorso naturale, e magari si prosegua con esperienze di alternanza nei luoghi di conflitto. Stiamo anche pensando all’idea di tracciare l’itinerario della Marcia per poterlo far percorrere anche in periodi diversi da quello del suo svolgimento”.
Lei ha recentemente ricevuto il premio “Toga candida” istituito dall’associazione “Umbria mia Umbria” per premiare gli umbri eccellenti, assegnato sulla base delle preferenze espresse da 3.600 cittadini. Come ha vissuto questo riconoscimento che le è stato conferito in un momento in cui l’antipolitica sembra trovare sempre più spazio anche nella nostra regione?
“Il riconoscimento mi è giunto totalmente inatteso, e lo considero un gesto di cortesia dei cittadini nei miei confronti. La nostra Amministrazione ha vissuto questa esperienza basandola su tre principi. Il primo è la vicinanza alla gente, tenere le porte aperte, stringere le mani, ascoltare. Il secondo è il contenimento della pressione fiscale. Infine il terzo è quello di praticare una politica del fare, del fare il più possibile, nelle grandi opere, come nel risolvere, magari in ritardo, i piccoli problemi dei cittadini. Abbiamo anche istituito ad Assisi una Scuola italiana per la pubblica amministrazione, per la formazione di dirigenti e funzionari di Comuni e di altri enti pubblici. Io ho imparato a fare il sindaco da solo, ma non è la strada migliore. Non tutti, come me, hanno avuto l’opportunità di crescere gradualmente in un’Amministrazione, sino a ricoprire il ruolo di sindaco; l’obiettivo della Scuola è proprio quello di formare adeguatamente i nuovi amministratori pubblici”.
Il personaggio
Claudio Ricci, nato a Perugia nel 1964, ingegnere, ha collaborato con Aeroporti di Roma fino al 1992. Successivamente oltre a svolgere attività di progettazione edile, è stato amministratore di Atam ed ha svolto attività di docenza e ricerca/progetti in Centri studi e Università. Dal 1995 ha ricoperto anche incarichi istituzionali: è sindaco di Assisi dal 2006, presidente dei Siti e beni italiani “Patrimonio mondiale Unesco”, delegato nazionale Anci per il turismo dal 2011, componente di Icomos (Italia – Consiglio nazionale monumenti e siti) dal 2011. Nel 2007 è stato nominato commissario di Governo in occasione della visita del Papa Benedetto XVI ad Assisi. È stato nominato Cavaliere al merito della Repubblica nel 2009 ed ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale. È considerato tra i massimi esperti italiani di territorio e turismo.