A Perugia nell’ultimo degli incontri del progetto di “Voci dal mondo”, incentrato sul tema della migrazione che va oltre i pregiudizi e la disinformazione, tra le tante testimonianze presenti c’è stata anche quella di un giovane ragazzo di 26 anni, Andrea Morante. Egli ha conseguito la laurea magistrale in Cooperazione internazionale a Perugia. Dal 2021 ha portato avanti l’esperienza del Servizio Civile con il progetto di accoglienza dei profughi della diocesi.
Oggi Andrea lavora con la cooperativa Unitatis Reintegratio (U.R.) nel centro di accoglienza della diocesi.
La sua scelta del Servizio Civile è dovuta alla sua esperienza in passato da volontario presso la Caritas; dunque, per questo motivo si sente molto legato alla Caritas.
Progetto profughi: accoglienza “diffusa”
La Cooperativa U.R. gestisce i Cas, cioè i centri di accoglienza straordinaria in cui vengono accolti richiedenti asilo fino alla definizione del loro status.
Il progetto di accoglienza della Diocesi, gestito dalla Cooperativa U.R. è composto di circa una ventina di case, sia più grandi che più piccole, diffuse nel territorio perugino in cui vengono ospitate al momento 125 persone.
La scelta che la Cooperativa ha fatto per il Progetto profughi è quella di realizzare una accoglienza diffusa in cui ci sia una prossimità delle case di accoglienza con la popolazione autoctona, così da poter instaurare un rapporto di vicinanza e solidarietà.
Il ruolo di Andrea è quello di operatore presso una di queste case di accoglienza, occupandosi del vitto e l’alloggio, l’orientamento sanitario e soprattutto quello legale e burocratico, dato che i migranti possono entrare in Europa solo con la richiesta di asilo.
La permanenza dei migranti nel progetto infatti dipende proprio dalla richiesta di asilo, per cui più la risposta alla domanda è rapida prima i migranti possono ottenere i documenti necessari, come per esempio il permesso di soggiorno, per iniziare una nuova vita con un lavoro e una casa.
Andrea ha raccontato che tra le maggiori difficoltà che i migranti incontrano al loro arrivo in Italia ci sono il problema della lingua e dei documenti necessari per la loro permanenza in Italia.
Nel “limbo” in attesa dei documenti
Imparare la lingua italiana diventa un’esigenza non solo per sapersi muovere nel territorio, ma soprattutto per iniziare a lavorare in modo da poter garantire, attraverso l’invio di denaro, la sopravvivenza dei loro famigliari o le spese scolastiche dei loro bambini che hanno lasciato nel paese di origine. Andrea ha sottolineato che tantissimi migranti in attesa di una risposta alla richiesta di asilo si trovano in un “limbo” che può durare anche dai 3 ai 5 anni. Di conseguenza, questo provoca maggiori preoccupazioni e stress per i migranti dato che non sanno quale sarà la risposta, positiva o negativa, e se la permanenza in Italia gli sarà effettivamente garantita.
Nel progetto ci sono persone che hanno ricevuto una risposta negativa in altri paesi europei e dunque per qualche ragione sono arrivati in Italia dove hanno ripresentato la domanda. Per quanto riguarda l’integrazione dei migranti, a differenza del Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), il Cas non ha tutti i mezzi per poterlo fare, nonostante ci provi attraverso i centri per l’impiego o i progetti per gli inserimenti lavorativi.
Per questo motivo, Andrea ha sottolineato che: “Sarei più contento se ci fossero più Sai a Perugia!”. Tuttavia, l’ottenimento di più Sai non è un’impresa facile visti i tempi lunghi nella richiesta di asilo, un problema vasto che persiste sia a livello nazionale che internazionale, e dunque finché il migrante rimane nello status di richiedente asilo non può accedere al Sai. Secondo Andrea, l’accorciamento dei tempi nella richiesta di asilo potrebbe essere una soluzione per garantire una maggior integrazione dei migranti nel territorio perugino.
Denisa Ioana