PERUGIA – Con la celebrazione eucaristica in cattedrale, la sera del 29 gennaio, si conclude la solennità del Santo patrono Costanzo, vescovo e martire, fondatore della comunità cristiana perugina. Il cardinale Gualtiero Bassetti nell’omelia: «Nel nome di san Costanzo, l’invito che mi sento di fare alla città durante questa pandemia è semplice ma forte: non bisogna mai perdere la Speranza…». «L’incremento della diffusione del virus a Perugia e nella zona del Trasimeno, non può non suscitare inquietudine e anche molti interrogativi».
Il testo integrale
Ieri sera poco dopo la celebrazione dei primi vespri nella Chiesa di san Costanzo mi sono tornate alla mente le parole del profeta Isaia quando dice: “sentinella quanto resta della notte? (Is 21, 11). In Chiesa avevo di fronte a me solo poche persone a causa della pandemia e ho ripensato a quando, durante il primo confinamento, per molte domeniche ho celebrato davanti a una telecamera. È stata un’esperienza molto dolorosa. Come pastore sento moltissimo la mancanza del popolo di Dio: uomini, donne e bambini che non sono certamente un pubblico di spettatori ma sono invece un popolo sacerdotale, profetico e regale. Come ci insegna la Lumen Gentium è la stessa Chiesa universale che si presenta come “un popolo adunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Perciò anche in questo difficile periodo segnato dalla notte della pandemia non possiamo dimenticare che siamo un unico popolo che vive, gioisce e soffre insieme.
In nome dell’unico Signore della Storia siamo anche chiamati insieme a fare sacrifici e rinunce. Quest’anno la solennità del santo patrono Costanzo la festeggeremo senza luminarie ma con gesti autentici di carità e soprattutto con l’intimità della preghiera: chiediamo al nostro patrono l’intercessione per tutte le difficoltà che stiamo attraversando e per tutti i nostri cari che sono morti a causa dell’epidemia (nella nostra piccola umbria ci avviciniamo a 800 decessi). Stiamo attraversando indubbiamente un lungo periodo di sofferenza e di smarrimento perché nessuno è in grado di dirci a che punto siamo della notte. Ma sono altrettanto sicuro che se conserviamo salda la nostra fede “l’alba arriverà”. E quell’alba sarà una risurrezione.
Non casualmente, nella prima lettura di oggi, Isaia afferma che il Signore lo “ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri” e “a consolare gli afflitti”. Mai come in questo momento le parole del profeta sono straordinariamente attuali per la città di Perugia.
I dati della pandemia sulla nostra città, infatti, non possono non destare preoccupazione e timore. L’incremento della diffusione del virus a Perugia e nella zona del Trasimeno, in maggiore misura rispetto alle altre zone della regione, non può non suscitare inquietudine e anche molti interrogativi sul nostro stile di vita. Come arcivescovo di questa diocesi mi sento di dover esortare tutti i fedeli ad esercitare la virtù cardinale della prudenza.
Una virtù importantissima per la condotta morale di ogni cristiano che non significa, come alcuni pensano, che l’uomo prudente è un uomo poco coraggioso o addirittura un vile. La prudenza, all’opposto, invita il cristiano a discernere, in ogni circostanza della vita, qual è il vero bene alla luce della sapienza di Dio. La prudenza esorta il cristiano a comportarsi in modo realistico senza farsi trascinare dalle passioni e a difendere, sempre, i più deboli.
Cari fratelli e sorelle occorre salvaguardare i nostri anziani, i nostri malati, i nostri disabili.
Ma occorre difendere anche le nostre famiglie, le nostre aziende e le nostre comunità dalla crisi economica causata dalla pandemia. Non possiamo permettere che si affermi una mentalità individualista nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle più fragili. E al tempo stesso non possiamo abbandonare tutti coloro che stanno soffrendo a causa della crisi economica.
Per questi motivi siamo chiamati ad annunziare la buona novella con ancora più amore e soprattutto con più creatività.
Ricordandoci, come ci ammonisce il Vangelo di oggi, di amarci gli uni gli altri come Gesù ha amato noi e, soprattutto, che è stato il Signore a sceglierci e non c’è nessun particolare merito nostro nell’avere aderito a Cristo. Oggi siamo chiamati a farci testimoni dell’amore di Dio come ha fatto il nostro Santo Patrono Costanzo che, con la predicazione e il martirio, portò i nostri padri alla conoscenza di Cristo e fece nascere, fecondata dal suo sangue, questa nostra Chiesa, che ancor oggi continua ad annunciare Cristo e a proclamare le meraviglie di Dio.
Costanzo fu autentico annunciatore del Vangelo, portando il lieto annuncio della salvezza, fasciando le piaghe dei cuori spezzati. Dal suo martirio e dai frutti della sua vita santa, emerge la vera identità della città di Perugia fondata sulla testimonianza dei nostri santi, perché le nostre radici sono profondamente cristiane. Perugia è stata nei secoli una città operosa, solidale e accogliente che, tutti assieme, dobbiamo amare, valorizzare e consegnare alle future generazioni. Questa città ha sempre dato ampia importanza al rispetto tra i popoli e alla solidarietà. Perugia è sempre stata, sin dalle sue origini, uno straordinario crocevia di esperienze umane e di storie diverse.
Nel nome di san Costanzo, l’invito che mi sento di fare alla città durante questa pandemia è semplice ma forte: non bisogna mai perdere la Speranza. Anche se oggi non sappiamo rispondere alla domanda che abbiamo rivolto alla sentinella sulla durata della notte, noi sappiamo certamente che la luce risorgerà e quella luce è Cristo.
In questo periodo dobbiamo convivere ancora con un nemico: il virus. Non è sufficiente. Dobbiamo ribaltare anche il nostro modo di pensare. Occorre un nuovo stile di vita che domani ci permetterà di mettere al centro della nostra esistenza una fede più limpida e, al tempo stesso, la testimonianza di un amore fraterno più solido e puro.