Sugli immigrati che vogliono lavorare in Italia (e che sono richiesti dalle stesse aziende umbre) pesa una cappa di burocrazia e di bugie. Maria, dall’Ecuador, è in Umbria da clandestina. Un’azienda della provincia di Perugia la vuole come lavoratrice. La ditta fa richiesta nomitativa allo Sportello unico per l’immigrazione: Direzione provinciale del lavoro, prefettura e questura indagano se Maria può – o meno – lavorare in Italia. Passa circa un anno e mezzo prima che Maria riceva il ‘nulla osta’ per ritirare all’ambasciata italiana in Ecuador il suo permesso di soggiorno lavorativo. Maria, che per lo Stato italiano ha sempre vissuto in Ecuador (nessuno infatti si chiede: come avrà fatto una piccola azienda umbra ad incontrare proprio lei e a decidere di volerla assumere?) per prima cosa deve far finta – come farebbe un’ingenua turista – di aver perso il passaporto e ogni documento per non incappare subito in un decreto di espulsione dall’Italia, che le impedirebbe di tornare per i prossimi 10 anni. L’Ecuador non è dietro l’angolo: un biglietto aereo di andata/ritorno si paga attorno ai 1000 euro. Molto per chi fa piccoli lavori in nero. Poi c’è un altro problema. Nel frattempo a Maria è nato un bambino. Dove lasciarlo mentre sarà in Ecuador per almeno due mesi? E poi: una volta che potrà regolarmente lavorare in Italia, a chi affidarlo e con quali costi? Mentre Maria e altri stranieri che cercano lavoro in Umbria sono attanagliati dai loro problemi esistenziali, a Perugia inizia una scaramuccia di cifre fra la Confederazione nazionale artigianato (Cna) e la Direzione provinciale del Lavoro. ‘Sono appena 289, pari al 3,73 per cento, i nulla osta rilasciati ai lavoratori immigrati rispetto alle 7737 domande presentate nella sola provincia di Perugia per effetto del decreto flussi 2007’, afferma il responsabile di Cna World, Fabiano Coletti, che ha elaborato dati ufficiali del ministero dell’Interno. ‘Sono statistiche sbagliate’, risponde dalla Direzione provinciale del Lavoro di Perugia il dirigente dello Sportello unico per l’immigrazione di Perugia, Giancarlo De Vecchi, ‘perché va rilevato che il decreto flussi 2007 prevede complessivamente, per la provincia di Perugia, 2380 disponibilità per tutte le nazionalità e per tutti i settori di lavoro (colf, badanti, edili, metalmeccanici, ecc.), ad esclusione dei lavoratori stagionali. Il calcolo delle pratiche definite non può essere effettuato sulle domande presentate, di 7825, perché il contingente assegnato è di 2380 unità’. Conseguentemente, per De Vecchi, i dati debbono essere letti così, alla data del 9 settembre 2008: nulla osta rilasciati dallo Sportello unico per l’immigrazione: 1193. Domande respinte dallo Sportello Unico per l’Immigrazione: 320, per un totale di 1513 pari al 64 per cento dell’assegnazione. ‘Il respingimento delle domande’, spiega ancora De Vecchi, ‘è legato all’insufficienza economica dell’azienda o del datore di lavoro per garantire la retribuzione ed i contributi previdenziali al lavoratore extra Ue: oppure nell’irreperibilità del datore di lavoro (a volte, nel caso di persone anziane che richiedono una badante, esse sono già morte quando la burocrazia autorizza l’arrivo della straniera, ndr) o nell’inammissibilità sul territorio nazionale del cittadino straniero’.
Permessi di lavoro, odiessea senza fine
Lavoro/immigati. Le ipocrisie della burocrazia italiana complicano la vita a tutti
AUTORE:
Paolo Giovannelli