di Angelo M. Fanucci
Mentre Elisabetta spitricchiava col suo pc antidiluviano alla ricerca di un certo libro che le avevo richiesto, io girellavo nel suo piccolo regno gremito di pubblicazioni assortite, proposte a un pubblico, quello eugubino, che sicuramente non muore dalla voglia di leggere. Elisabetta è la titolare di “Libri e idee”, la bella libreria di piazza San Martino.
E girellando mi sono imbattuto in un testo che ha destato subito il mio grande interesse, I letterati davanti al Mistero. L’ha scritto Vincenzo Di Natali, teologo agrigentino che dirige la rivista Oltre il muro; e l’ha fatto occupandosi non di Manzoni, che la fede l’ha filtrata attraverso il migliore dei filtri, la saggezza cristiana di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due anawìm del tempo moderno; e nemmeno facendo riferimento a Niccolò Tommaseo, che con la fede crede di spiegare tutto; e nemmeno ammiccando a Trilussa, che della fede si occupa quando Roma “ce mette er ponentino più sbarazzino che c’ha”. No. Di Natali ha preso di petto Foscolo, Leopardi, Tomasi di Lampedusa, Montale, Sciascia, san Francesco, Edith Stein, Wittgenstein, Dostoevskij, Teilhard de Chardin, Ungaretti. Parbleu! Un parterre de roy degno dell’Areopago di Atene, se gli ateniesi avessero i soldi per ricostruirne uno.
C’è anche un piccolo, affettuoso, gradevolissimo ricordo del vescovo/poeta Giuseppe Petralia, che resse la diocesi di Agrigento dal 1963 al 1980.
Ma soprattutto c’è il pensiero di Pietro Mignosi, un intellettuale cattolico del quale ignoravo anche l’esistenza, e che invece merita di essere conosciuto, anche e soprattutto – ma non soltanto – per le posizioni intense e coraggiose che prese in pieno fascismo, in faccia a Giovanni Gentile, il monstre del momento.
I letterati davanti al Mistero lo consiglio vivamente a tutti, anche se qua e là si troveranno (ci troveremo) in disaccordo con l’autore.
Lo consiglio soprattutto ai miei confratelli: potremmo usarlo a volte come seconda lettura nella recita quotidiana dell’ufficio delle letture. Perché no? Siamo onesti, quella seconda lettura dell’ufficio quotidiano spesso si digerisce male: esprime una spiritualità quasi sempre forte, molto forte, ma superata, o quanto meno datata. C’è anche chi, come don Matteo Monfrinotti, riesce a far sprigionare scintille infuocate da quei testi, ma questo non è possibile a preti che, patristicamente parlando, sono analfabeti come lo scrivente.
E poi – diciamocelo senza infingimenti! – a volte certi santi “Padri” (per i profani: sono i teologi del primo millennio di vita della Chiesa) li leggiamo solo perché obbligati a farlo. E questo capita anche nei confronti di autorevolissimi maestri di spiritualità del nostro tempo. Sono magari stati proclamati santi, ma – Dio mi perdoni! – conservano qualche ramo non potato. “Santo, ma con qualche ramo non potato”: interessante. Ne parleremo.