di Tonio Dell’Olio
Le elezioni in Nigeria ci interessano, per vari motivi. Non fosse altro perché è tra le nazioni di origine di una parte considerevole degli immigrati africani presenti in Italia. Se, come si va dicendo, volessimo aiutarli davvero “a casa loro”, dovremmo incoraggiare un Governo che attuasse politiche di sviluppo differente.
Anche perché la Nigeria è la prima economia del Continente e il Paese più abitato, con più di 190 milioni di abitanti. È uno dei principali produttori di petrolio al mondo, ma occupa anche il 144° posto della classifica di Transparency International sulla corruzione sui 180 Paesi monitorati.
Da quando nel 2009 il movimento fondamentalista islamico Boko Haram ha deciso di sferrare un duro attacco alla minoranza cattolica e all’islam dialogante e aperto, ha causato 27 mila vittime e 9,2 milioni di sfollati.
Quando queste pagine saranno in mano ai lettori, forse il risultato delle elezioni non sarà stato ancora reso noto per via della complessità del Paese, ma è certo che non cambierà nulla, dal momento che al presidente uscente Muhammadu Buhari si contrappone il milionario liberista Atiku Abubak, ben inserito negli affari del petrolio quanto nel sistema corruttivo, nonché uomo fidato del presidente.
Garantiscono entrambi le concessioni petrolifere alle aziende straniere, come la nostra Eni; non sono realmente interessati allo sviluppo della Nigeria, e strizzano l’occhio ai fondamentalisti in chiave anticristiana. Si ha come la strana sensazione che anche il Nord del mondo abbia deciso di stare ‘dalla parte sbagliata’.