“Una parola vorrei dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e di vicinanza”. Sono le parole di Benedetto XVI pronunciate durante l’Incontro mondiale delle famiglie di Milano nel giugno 2012. I fedeli divorziati rimangono nella Chiesa e non devono sentirsi emarginati.
Molte volte la condizione di questi fedeli è stata considerata unicamente a partire dalla loro possibile o meno ammissione al sacramento della confessione e della eucaristia.
In questi giorni un intervento di mons. Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, aiuta ad ampliare la prospettiva. Appare così come l’ambiente secolarizzato renda difficile comprendere e accettare scelte definitive riguardanti il matrimonio o la vita religiosa. Dove, infatti, si sono smarrite le ragioni fondamentali della fede cristiana e l’appartenenza alla Chiesa è intesa in modo convenzionale, molti si domandano come sia possibile legarsi per tutta la vita a una scelta o a una persona. Per di più, a motivo dei legami che si spezzano e degli impegni che vengono meno, è diffuso tra i giovani uno scetticismo per le scelte definitive della vita.
Ci si deve rassegnare? In realtà, occorre trascendere la cultura del momento e risalire alla natura, cioè si deve guardare a quel disegno che ogni persona porta nel proprio cuore, indipendentemente dalle situazioni in cui vive. “L’ideale della fedeltà tra un uomo e una donna, fondato sull’ordine della creazione – scrive Müller -, non ha perso alcunché del suo fascino, come evidenziano le recenti inchieste tra i giovani”. Sì, c’è un ordine della natura, cioè della creazione, che attira nonostante tutti i condizionamenti; a questo bisogna guardare con fiducia. Un vincolo indissolubile non è un giogo insopportabile, perché sottrae la persona dalla tirannia del sentimento o degli stati d’animo e aiuta ad affrontare difficoltà ed ostacoli; protegge i figli che frequentemente patiscono la sofferenza della rottura di un matrimonio.
I giovani facilmente capiscono che l’amore sia qualcosa di più del sentimento o dell’istinto: è un darsi completamente all’altro per sempre. In questo senso c’è piena corrispondenza tra la promessa matrimoniale e le parole del Signore, che invitano a non spezzare quel legame unito dal Creatore stesso. Così, il matrimonio celebrato come sacramento assume un valore e una forza straordinaria, perché inserisce la coppia umana nell’amore di Cristo e rende i due segno della sua donazione fedele.
Questi sono dunque i parametri adeguati entro cui considerare il matrimonio; non lo sono i criteri mondani e pragmatici del nostro tempo. Alla crescente mancanza di comprensione circa il significato, ma anche circa la grandezza del matrimonio sul piano della grazia, la Chiesa non può rispondere invitando semplicemente a prendere atto della mutata sensibilità.
“Il Vangelo della santità del matrimonio – prosegue Müller – va annunciato con audacia profetica”, cioè non nell’adeguamento allo spirito dei tempi, ma nella fedeltà al progetto di Dio sull’uomo e sulla donna e sulla loro realizzazione. La fedeltà dei coniugi alle promesse del loro matrimonio è segno nella carne della fedeltà di Dio all’umanità.