Mentre stiamo chiudendo il giornale, dedicato al Natale, ci giunge in redazione la notizia che una nostra amica mentre attraversava la strada, è stata travolta da ben due macchine che l’hanno lasciata morta sull’asfalto. Avremmo voluto parlare di gioia e di pace. Ma non riusciamo a toglierci dallo sguardo questa figura di giovane donna e altre simili morti di questi giorni. Durante i periodi di festa, purtroppo, aumentano gli incidenti stradali e le vittime. E queste sono fatalità, eventi non voluti, spesso senza colpa se non della distrazione e della fretta.
Vi è invece la morte provocata a sè e agli altri nei Paesi dove imperversa il terrorismo e la guerra. Anche in questi giorni, in Afghanistan, due kamikaze si sono fatti esplodere contro soldati italiani. E di questo si deve parlare a Natale. L’elenco dei suicidi-omicidi non è ancora esaurito. Vi si sono aggiunte le donne. Si rischia di farci l’abitudine.
La morte scuote solo le persone che la sperimentano nei loro cari. Si dovrebbe invece riflettere quanto odio c’è dietro questi feroci attentati, dietro la decisione premeditata e la preparazione meticolosa del progetto di compiere un’azione di suicidio – omicidio, quanta disperazione, quanto fanatismo, quanta ignoranza, quanta presunzione, quale sfida al mondo, quale volontà di vittoria, quale sogno masochistico di martirio. Quale mondo.
Il Natale di Gesù apportatore di gloria a Dio e pace in terra agli uomini è avvenuto per cambiare questo mondo. Se ciò non accade il Natale non raggiunge il suo scopo. Egli è nato per noi e per tutti. Perché imparassimo a guardare in faccia la verità dell’uomo come verità di Dio e la libertà di tutti come condizione per amare.
Molti di noi ne hanno perduto la consapevolezza e così hanno perduto la propria coscienza, la coscienza di sé. Non sanno chi sono: molti europei, e italiani, quelli che si ostinano a dichiarare bianco ciò che è nero, bene ciò che è male, diritto ciò che è danno o delitto, provocando lo sdegno di quei religiosi che divengono violenti negatori della libertà.
Il Natale è per la libertà nostra e di tutti, per la dignità dei poveri e la giustizia degli oppressi. Gran parte dell’umanità fuori dell’area cristiana non ne è a conoscenza. Ha intercettato sulle vie del commercio il Natale come un fatto di mercato occidentale e l’ha usato come un prodotto di consumo. E noi, i cristiani, abbiamo preferito il mercato di prodotti effimeri all’annuncio del gioioso messaggio.
Il mondo è ancora dominato dalla morte sotto le sue mille forme, oltre a quella naturale che potrebbe essere francescanamente, ‘sora’ o inevitabile compagna. Per grazia di Dio ci sono i bambini, i nostri, che tengono in mano il bambinello e lo portano, benedetto, nel presepio, e quegli altri che sono pure virgulti di speranza di vita se non vengono sottomessi alla mortifera iniziazione dell’odio.
Il Bambino e i bambini, i nostri e tutti, sono la speranza del Natale.