Nell’attuale epoca storica caratterizzata dal benessere, ma anche dalla “quotidiana precarietà” in cui vivono la maggioranza degli uomini e delle donne del nostro tempo, di cui le cronache e le statistiche ogni giorno ci riferiscono situazioni e dati sempre più allarmanti, di fronte a questo cambiamento epocale, dove l’“inequità” diventa sempre più evidente anche nei Paesi ricchi, Papa Francesco pronuncia i suoi quattro “no”, con la forza profetica del “discernimento evangelico”: No a un’economia dell’esclusione! No alla nuova idolatria del denaro! No a un denaro che governa anziché servire! No all’inequità che genera violenza! Di fatto, Papa Francesco ci sprona a intervenire sulle cause degli squilibri economico-sociali, senza sostenere il pauperismo. Egli, nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium indica i pilastri che sostengono un corretto rapporto tra economia e politica. Da trent’anni a questa parte, infatti, tali rapporti hanno subìto profondi mutamenti in seguito agli effetti congiunti della globalizzazione e della terza rivoluzione industriale. Pertanto, è necessario agire con decisione per rimuovere le precarietà ormai consolidate. Per combattere le vecchie e nuove povertà è indispensabile che la politica riprenda le redini in mano per indicare i fini da perseguire, cioè il bene comune, e che l’economia sia orientata a fornire i mezzi per realizzarli. Invece, oggi, l’economia è diventata il regno dei fini autoreferenziali, e la politica, il regno dei mezzi a essa subordinati.
L’esortazione Evangelii gaudium non è un magistero astratto, ma entra in medias res per sfatare alcuni luoghi comuni come la teoria della “ricaduta favorevole”. Essa è riuscita a persuadere l’opinione pubblica che ogni crescita economica – favorita dal libero mercato – riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo (cfr. EG, 54). Qui c’è un equivoco di fondo che non riesce a distinguere tra povertà assoluta e diseguaglianza sociale. La globalizzazione ha certamente diminuito la povertà assoluta, ma ha accresciuto in modo preoccupante quella relativa. Di fatto, sono in forte aumento coloro che ottengono meno della metà del reddito pro capite prevalente nella comunità di appartenenza. In sostanza, i poveri aumentano e i ricchi sono sempre più ricchi. Come scrive Papa Benedetto nell’enciclica Caritas in veritate, la crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forma di impegno (cfr. CiV, 21), a cominciare dall’educazione delle nuove generazioni. Qui si innesta l’azione di quanti sanno che lo Stato sociale da solo non può risolvere tutti i problemi, e che tutti devono reimparare a “rimboccarsi le maniche”. Pertanto, in tale prospettiva, è necessario attivare un’autentica pedagogia formativa che si impegni su tre fronti: il buon uso dell’intelligenza, contro l’irrazionalità dilagante; la conoscenza della verità, per l’esercizio maturo della libertà; la gestione della propria capacità di amare, fino alla riscoperta del fascino delle scelte definitive, per una piena donazione di sé. Benedetto XVI, nel suo messaggio in occasione della Giornata della pace del 1° gennaio 2009, scrisse che una delle strade maestre per costruire la pace e un mondo più equo è necessaria una globalizzazione finalizzata agli interessi della grande famiglia umana, mediante una forte “solidarietà globale” e un “codice etico comune”, radicato nella legge naturale inscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano.